Furia camorra, boss ucciso davanti al figlio: il grande affare della Tav dietro la nuova guerra

Furia camorra, boss ucciso davanti al figlio: il grande affare della Tav dietro la nuova guerra

di Gigi Di Fiore
Inviato ad Afragola

La progressione implacabile di morti ammazzati sembra frutto di una strategia scientifica di annientamento di quello che fu il clan camorristico egemone nell’area di Crispano. Gli uomini che furono i fedelissimi di Antonio Cennamo, qui ancora ricordato come «Tanuccio o’ malommo», da due anni sono bersaglio di agguati. Morti predestinati. Remigio Sciarra, ammazzato sotto gli occhi di moglie e del figlio undicenne, è solo l’ultimo di una lunga serie. Cassiere ed esattore del clan, scarcerato tre anni fa dopo quattro anni di galera, è la settima vittima dei killer in questa zona negli ultimi dieci giorni.

Zona calda, zona di appetiti dei clan che vanno oltre lo spaccio di droga nel Parco verde di Caivano o nel Rione Salicelle di Afragola. Si sente parlare da tempo di quei cento milioni di investimenti per bonifiche e riadattamenti territoriali nella zona della nuova stazione dell’Alta velocità. Ed è una torta che fa gola anche ai clan, per possibili estorsioni, subappalti, affari poco chiari. Lavori su cui sarà necessaria un’accurata vigilanza pubblica.
 
 

Nel frattempo, si spara. Si spiana la strada all’affollamento nella spartizione dei business criminali. E non è casuale che cadano gli uomini del clan più debole tra quelli storici federati nel territorio dei Moccia. Prima il tumore che lo portò alla scarcerazione dopo quasi dodici anni di carcere al 41-bis, poi le cure a Milano, infine la morte, nel febbraio scorso a Gaeta, del capoclan Antonio Cennamo, hanno decapitato il clan. Nella spartizione criminale di quest’area, la federazione del clan Moccia prevedeva l’assegnazione di Casoria ai Franzese e agli eredi del clan Angelino, Frattamaggiore al gruppo Pezzella e Crispano, Cardito e Frattaminore ai Cennamo.

Spartizione tacita, che ha cominciato a scricchiolare due anni fa, quando vennero ritrovati tre cadaveri carbonizzati. Tutti affiliati al clan Cennamo: Ciro Scarpa, Aniello Ambrosio e Vincenzo Montino. Era solo l’inizio.
Gli inquirenti sottolineano che probabilmente è il clan guidato da Francesco Pezzella, detto «pan ‘e grano», a pilotare l’annientamento, per espandersi ed eliminare concorrenti. Ma spiega un investigatore, che non vuole essere citato: «Tutto farebbe pensare ad una resa dei conti dei Pezzella contro i Cennamo. Fa però riflettere che l’ultimo bersaglio, Remigio Sciarra, aveva ottenuto proprio dai Pezzella la delega al controllo dell’area di Crispano. Forse era una delega ingannevole, per prendere tempo».
 

A dicembre scorso, a cadere in un agguato di morte è Mauro Pistilli, 52 anni, ammazzato sotto casa. Era titolare del bar «Beautiful» a Crispano, una mega-struttura di uasi seimila metri quadrati tra le più grandi d’Italia. Un imprenditore di riferimento del clan Cennamo La sequenza di morte segue un teorico organigramma di vertice del gruppo criminale che fu guidato da Antonio Cennamo. A marzo, tocca a Antonio Vitale, 53 anni, che era sotto sorveglianza speciale. E solo un mese prima, nello stesso territorio, era stato ucciso un altro imprenditore: Antonio Varracchio, 52 anni, incensurato. Poi la parentesi dell’uccisione di Salvatore Caputo, 72 anni, imprenditore ed ex assessore comunale, considerato referente diretto del clan Moccia.

L’area nord fronte caldo della resa dei conti tra clan storici della camorra in provincia di Napoli. Clan con strategie mirate di morte, mai casuali. Ogni bersaglio è studiato, l’attuazione è affidata a killer non della zona per evitare possibili riconoscimenti di testimoni.
Ultimo aggiornamento: Domenica 4 Giugno 2017, 09:33
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