Caro estinto, un business da mezzo milione: maxiblitz a Cagliari, 20 arresti e 168 indagati

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Venti persone ai domiciliari e 168 indagati nell'ambito dell'inchiesta 'Caronte' sul business del 'caro estinto', iniziata nel 2013 e conclusa nel 2015 dai carabinieri di Cagliari-Villanova, che stamani all'alba hanno eseguito gli arresti ed effettuato numerose perquisizioni fra Cagliari, Quartu Sant'Elena, Dolianova, Sanluri, Iglesias, Narcao e Isili. Le accuse vanno dall'induzione indebita continuata in concorso al peculato continuato, truffa aggravata continuata, falso in atto pubblico continuato. I dettagli sono stati illustrati stamani nella caserma dei carabinieri del Comando provinciale di Cagliari dal colonnello Salvatore Cagnazzo, dal capitano Eugenio Fatone e dal luogotenente Pompeo Formato.

Gli arrestati sono Andrea Vacca, Piero Spiga, Paolo Atzeni, Ivano Tullio Arangino, Bruno Carta, Pietro Murgia, Agostino Di Francesco, Mario Onnis, Romano Congiu, Giorgio Locci, Umberto Fanni, Gesuino Cocco, Antonello Melis, Piero Usai, Ignazio Puddu, Marco Putzu, Mario Pinna, Ignazio Pilloni, Mario Palmas, Salvatore Furcas. L'indagine, condotta con intercettazioni ambientali e di videoriprese, ha consentito ai militari di dimostrare un diffuso sistema di malaffare che ha visto coinvolte ed indagate 168 persone (tra cui i 20 arrestati) tra necrofori dipendenti di 5 ospedali cagliaritani e 11 agenzie funebri.

I carabinieri hanno accertato come i necrofori favorissero sistematicamente alcune agenzie funebri compiacenti piuttosto che altre, aiutandole nella vestizione delle salme, permettendo loro di «incassare» il defunto prima del tempo previsto dal regolamento di polizia mortuaria ovvero non prima di 15 ore dal decesso, accelerando la prassi burocratica, mettendo a disposizione la camera mortuaria più grande ed arrivando, in alcuni casi, a segnalare ai parenti dei defunti le agenzie «amiche» cui rivolgersi;  il tutto in cambio di un compenso in denaro variabile tra 20 e 200 euro per servizio funebre (stimato su alcune migliaia all'anno).

Un sistema nel quale spesso le agenzie funebri si inserivano spontaneamente, poiché i vantaggi erano certamente superiori all'indebita 'sovrattassà che consentiva ai necrofori di intascare un vero e proprio «secondo stipendio», stimato dai 1.000 a 1.500 euro al mese, per un giro d'affari complessivo stimato in 500.000 euro.

Per alcuni indagati sono emerse responsabilità per  «truffa aggravata» perché i militari hanno dimostrato che gli operatori funebri non rispettavano gli orari di lavoro e, oltre a scambiarsi i turni senza informarne la Direzione sanitaria, falsificassero intenzionalmente e regolarmente gli orari delle timbrature dei badge elettronici, strisciando le tessere gli uni degli altri, provocando così un considerevole danno erariale per l'amministrazione sanitaria.  

Per altri tra i necrofori indagati, nelle funzioni di incaricato di pubblico servizio, sono state evidenziate responsabilità per «peculato», perché in alcuni episodi è stato documentato che facevano un uso personale del telefono dell'ufficio o di varie apparecchiature elettroniche con i relativi beni di consumo.  

Ultimo aggiornamento: Lunedì 9 Maggio 2016, 15:35
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