Isis, donne suicide per sfuggire agli stupri
dei jihadisti: a migliaia preferiscono la morte

Isis, donne suicide per sfuggire agli stupri ​dei jihadisti: a migliaia preferiscono la morte

di Federica Macagnone
Poche decine di loro sono riuscite a fuggire dall’inferno. Le altre sono rimaste nell’incubo senza speranza in cui le hanno gettate i jihadisti che le hanno rapite nel nord Iraq.

Sono migliaia le donne yazidi picchiate, torturate, violentate e ridotte in stato di schiavitù sessuale, bambine e adolescenti vendute come spose a uomini di qualunque età. Un orrore senza fine dal quale molte pensano di poter uscire in un solo modo: uccidendosi. È questo il quadro a tinte fosche e dai contorni indefiniti delineato dal rapporto di Amnesty International “Fuga dall'inferno” che ha raccolto le testimonianze agghiaccianti di una quarantina di «sopravvissute».



Wafa, 27 anni, è riuscita a fuggire insieme a sua sorella. Oggi sta tentando di ricostruirsi una vita normale, leccandosi le ferite e tentando di oscurare quella parte della sua mente che la riporta a quelle prigionia durata mesi. A differenza di molte altre, adesso può raccontare di quella notte di disperazione in cui ha tentato di togliersi la vita strangolandosi a vicenda con la sorella. Meglio morte che sposate a uno jihadista, si erano dette. «Abbiamo legato le sciarpe al collo e tirato più forte che potevamo, fino a quando non sono svenuta – ha raccontato Wafa - Ci hanno salvato alcune ragazze che condividevano la stanza con noi».



Jilan aveva solo 19 anni quando è stata catturata e condotta a Mosul. Ha deciso di porre fine alla sua vita quando ha capito che sarebbe finita nelle mani di un combattente. «Eravamo 21 ragazze in una stanza - ha raccontato la 20enne Luna - due di loro erano giovanissime, di 10 o 12 anni. Un giorno ci sono stati dati vestiti da danzatrici e ci è stato detto di fare un bagno e di indossarli. Jilan si è uccisa nel bagno. Si è tagliata i polsi e si è impiccata. Era molto bella e sapeva che sarebbe stata portata via da un uomo. Per questo si è uccisa».



Randa, 16 anni, viveva con la sua famiglia in un villaggio nei pressi del Monte Sinjar, quando è stata rapita insieme ad altri membri della sua famiglia e alla madre in avanzato stato di gravidanza. Randa è stata data in “regalo” a un uomo che aveva più del doppio della sua età: è stata violentata per mesi, poi ha deciso di fuggire rischiando di essere uccisa. «È così doloroso quello che hanno fatto a me e alla mia famiglia – ha detto la ragazza – L'Isis ha rovinato la nostra vita. Che cosa accadrà ai miei parenti? Non so se riuscirò mai a vederli di nuovo».



Ma nell'inferno che aveva aperto le proprie porte a queste donne la scorsa estate, quando i miliziani dell'Isis avevano iniziato a rastrellare i villaggi degli yazidi nell’area di Sinjar, nel nord dell’Iraq, ci sono le storie senza volto e senza nome delle vittime. Nei racconti di chi è riuscito a evadere ci sono stupri, percosse, abusi, torture e minacce. Donne concesse a uomini già sposati, spesso combattenti stranieri arrivati da paesi occidentali per unirsi all'Isis. Donne ridotte a schiave sessuali per appagare i desideri dei miliziani. Donne vendute, violate, date in regalo, costrette a convertirsi all'Islam, uccise.



«A centinaia di ragazze yazidi è stata distrutta la vita a causa degli orrori della violenza e della schiavitù sessuale – ha detto Donatella Rovera, senior crisis response advisor di Amnesty International - Molti di quelli detenuti come schiavi sessuali sono bambini, molte ragazze sono 14-15enni o addirittura più giovani. I combattenti dello stato islamico utilizzano lo stupro come arma di attacco pari ai crimini di guerra e ai crimini contro l'umanità».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 26 Dicembre 2014, 10:18