«Scappiamo dalla nostra terra, vogliamo solo vivere in pace». La battaglia finale per il Donbass è alle porte: oggi parte l’ultimo treno per evacuare i civili. Il piazzale della stazione di Slovjansk è presidiato dai militari, fuori restano poche persone, i nuovi profughi sono dentro al sicuro. Slovjansk è la prossima città che i russi vogliono conquistare. L’attacco a tenaglia sulla regione ha già segnato la caduta di Izjum a nord e si prepara ora a chiudere la città nella morsa. «Dopo quello che è successo a Kramatorsk la gente ha paura», ci spiega Wolf - il nome in codice di uno dei soldati impegnati nel pattugliamento della zona. Dopo la strage della stazione la scorsa settimana, che ha tolto la vita a 57 persone, la linea ferroviaria è stata danneggiata e ora le persone vengono portate in bus da Kramatorsk e dalle città vicine per essere evacuate. Dentro la stazione in attesa ci sono solo famiglie, la maggior parte sono donne con bambini e anziani: carichi di bagagli, hanno lasciato tutto quello che avevano sognando un posto dove poter vivere in pace. «L’80% dei civili che dovevano essere messi in salvo sono stati evacuati la scorsa settimana - spiega Wolf -, circa 4mila persone al giorno». Ieri mattina il primo treno ne ha portate via 750, altre 500 sono pronte a partire «ma questi sono gli ultimi rimasti».
VIVE PER MIRACOLO
Olha viaggia insieme a sua figlia Eugenia di 10 anni. Stanno scappando dopo aver vissuto per un mese sottoterra: «Un missile ha centrato la nostra casa nei primi giorni di guerra. Ho sentito la casa ribaltarsi, siamo uscite miracolosamente illese - il volto di Olha sembra rivivere quegli istanti -. L’appartamento del mio vicino è stato colpito in pieno, non esiste più». Olha, visibilmente emozionata, stringe Eugenia a sé: «Ci siamo nascoste nel rifugio, non riuscivamo più a uscire dalla paura, oggi era l’ultima occasione, abbiamo trovato il coraggio». Si portano dietro due borsoni, qualche vestito e un po’ di cibo che i volontari gli hanno donato: «Tutto il resto è rimasto a casa, una vita persa».
L’APPELLO
Eugenia è dovuta crescere prima del dovuto, nell’ultimo mese la sua infanzia è stata stravolta ma non ha perso il coraggio: «Quello che sta accadendo è molto brutto. Voglio solo riabbracciare mia sorella più grande». Prima di andare via Olha ci chiede di fare un appello: «Vorrei dire al mondo intero che qui nessuno stava aspettando i russi. Perché se la prendono con noi civili? Noi non centriamo nulla». Nel grande e luminoso atrio della stazione i militari aiutano i volontari a distribuire pasti caldi e acqua ai passeggeri. Tra di loro c’è anche Eleonora, un’anziana signora di 84 anni che ci ferma per scambiare qualche battuta. «Sono nata all’inizio del secondo conflitto mondiale, questa è la terza guerra che vivo sulla mia pelle ed è anche la più dura. I bombardamenti non erano mai stati così potenti». Già nel 2014 Eleonora ha dovuto abbandonare la sua casa a causa del conflitto: «Ora vado verso ovest. A Leopoli non conosco nessuno, ma il mondo è pieno di persone buone, in qualche modo farò». I nazisti Eleonora se li ricorda bene: «Erano tedeschi, non ucraini. Durante il primo conflitto nel Donbass sono scappata a Leopoli, mi hanno accolta e trattata bene anche se parlo russo. Nessuna discriminazione - spiega con freddezza -. La storia dei nazisti in Ucraina è solo una scusa inventata dai russi per invaderci».
LA PARTENZA
Arriva il segnale del capo stazione: «Tutti i passeggeri possono procedere all’imbarco».
Ultimo aggiornamento: Martedì 12 Aprile 2022, 00:29
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