Coronavirus, Onu: «Chiudere i wet market, quell'inferno per gli animali dove nascono le pandemie»
di Remo Sabatini
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Sarebbe bello vietare quei mercati che utilizzano animali vivi come è stato fatto, ad esempio, in alcune città cinesi e in altri Paesi ma al contempo, ha sottolineato, non dobbiamo dimenticare che ci sono comuinità rurali molto povere, soprattutto in Africa, per le quali il solo sostentamento è rappresentato proprio dalla fauna selvatica. Per questo, ha concluso, a meno che non riusciamo a trovare alternative per tutte queste comunità che significano milioni di persone, ci potrebbe essere il pericolo di incrementare il commercio illegale di animali selvatici che, già ora, sta portando sull'orlo dell'estinzione diverse specie animali".
L'opinione della rappresentante dell'Onu è stata condivisa anche dal segretario generale della China Biodiversity Conservation and Green Development Foundation, Jinfeng Zhou che ha invitato le autorità del suo paese a rendere permanente il divieto adottato sui mercati della fauna selvatica. I cosiddetti "wet market" (mercatini umidi) prendono il nome dalla triste usanza di vendere animali vivi, anche selvatici, che vengono macellati sul posto. Inutile sottolinare la pressochè totale assenza di igiene, di frigoriferi e, soprattutto, di quale che sia cautela adottata per non far soffrire inutilmente gli animali che muoiono tra atroci sofferenze. Il termine "umido" deriva da quel vero e proprio raccapricciante tappeto fatto di sangue e resti animali calpestato quotidianamente da venditori, curiosi e avventori.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 8 Aprile 2020, 11:26
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