Roma, domestico schiavizzato in una villa sull'Appia, bastonato dai "padroni" e morso dai cani
di Adelaide Pierucci
I RICOVERI
I due, ieri, sono stati rinviati a giudizio dal giudice Andrea Fanelli con l'accusa di violenze domestiche e lesioni. Il domestico, un quarantenne bengalese, subì per oltre sei anni vessazioni e due ricoveri e nel 2016, ormai umiliato, aveva optato per la denuncia ipotizzando il reato di riduzione in schiavitù. Il pm Antonio Calaresu, titolare del fascicolo, valutate le circostanze, ha ricondotto il caso nei maltrattamenti e lesioni personali. «Sono stato assunto nel 2009 per lavorare 4 ore al giorno, ma lavoravo tutto il giorno, tutti i giorni», ha raccontato il domestico agli investigatori, «e ho sopportato ogni umiliazione finché ho potuto perché non volevo rinunciare a un tetto per me e mia moglie, ma anche a un contratto di lavoro. Tant'è che avevo taciuto quando sono stato morso dai cani, ma degli schiaffi in faccia non ne potevo più. Quando mi hanno bastonato mentre raccoglievo le olive, nell'autunno dello scorso anno, ho sporto denuncia e mi sono licenziato». Alla domanda perché il padrone della tenuta fosse così nervoso il bengalese, assistito dall'avvocato Elisabetta Sorze, ha ipotizzato un legame con la marijuana. «Si preparava delle sigarette che puzzavano. Io mi dovevo occupare della coltivazione delle piante», aveva spiegato. «La sera dovevo controllarle, innaffiarle e eliminare le foglie gialle. Se trovava qualche pianta malata mi picchiava». Una ricostruzione che era costata al proprietario della tenuta l'apertura di un altro procedimento penale. Ma l'aspetta pure un conto col giudice del lavoro: il domestico maltrattato rivendica 50.000 euro, tra straordinari, permessi e ferie non godute.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 13 Febbraio 2019, 10:02
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