Desiree, il gip: «Crudeltà senza remore». La frase choc: «Meglio che muore lei che noi in galera»

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Pervicacia, crudeltà senza remore e disinvoltura. Con queste modalità gli arrestati per l'omicidio di Desiree, secondo il gip che ha confermato per loro il carcere, hanno messo in atto il brutale stupro e omicidio della minorenne di Cisterna di Latina. Una azione criminale portata a termine con ferocia al punto da impedire anche che la ragazzina venisse soccorsa.

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Il giudice aggiunge che i fermati hanno posto in essere «condotte estremamente lesive in danno di un soggetto minore giungendo al sacrificio del bene primario della vita». Nell'ordinanza il gip cita anche una frase choc che secondo alcune testimonianze, tre dei quattro fermati avrebbero pronunciato: «Meglio che muore lei che noi in galera». Il giudice scrive che i senegalesi Brian Minteh e Mamadou Gara, il nigeriano Alinno Chima e il ghanese Yusif Galia, «dapprima hanno somministrato alla ragazza il mix di droghe e sostanze, perfettamente consapevoli del fatto che fossero potenzialmente letali per abusarne, poi ne hanno abusato lungamente e ripetutamente, infine l'hanno lasciata abbandonata a se stessa senza adeguati soccorsi, nonostante l'evidente e progressivo peggiorare del suo stato, fino ad impedire ad alcuni dei presenti di chiamare i soccorsi per aiutarla». Per il magistrato esiste, inoltre, un «concreto pericolo di recidiva e di fuga».



Il gip afferma che siamo in presenza di «soggetti tutti irregolari sul territorio nazionale rispetto al quale non presentano alcun tipo di legame familiare e lavorativo» ma sono dediti all'attività di spaccio.
Regge, quindi, al vaglio dell'interrogatorio di garanzia l'impianto accusatorio della Procura. Nell'atto istruttorio solo Minteh ha deciso di rispondere alla domande del giudice. «Non sono stato io a uccidere - ha affermato - ma altre persone, posso fornirvi anche i nomi». Parole dette a fatica, in un francese incerto, ma che potrebbero però allargare il campo dei responsabili.

 
 


Dal canto suo il nigeriano Chima parlando con il suo difensore, si è professato innocente aggiungendo: «non mi sarei permesso neanche di sfiorare Desirèe perché si vedeva che era solo una bambina». L'indagine quindi potrebbe nelle prossime ore subire una nuova accelerazione e portare all'individuazione di altre persone coinvolte.

Gli investigatori stanno cercando di ricostruire l'esatto numero di persone che erano presenti durante la violenza sessuale e la morte della ragazza. Al momento per chi indaga erano circa 12 le persone che in quelle ore gravitavano in via dei Lucani, nello storico quartiere romano di San Lorenzo. Si tratterebbe per lo più di pusher che utilizzavano i locali fatiscenti dell'immobile come piazza di spaccio. Proprio in una di quelle stanze all'alba di venerdì scorso gli agenti di polizia hanno trovato, dopo una segnalazione anonima al 118, il corpo della minorenne. La vittima per almeno due giorni, secondo quanto accertato, sarebbe stata in mano ai suoi aguzzini che l'avrebbero stordita somministrandole sostanze stupefacenti e alcool e poi lasciata morire dopo averla stuprata. L'ultimo contatto della ragazza con la propria famiglia e in particolare con la nonna, risale al tardo pomeriggio del mercoledì precedente. «Non riesco a rientrare in tempo a Cisterna, resto a dormire da una amica», la brevissima comunicazione di Desirèe fatta alla nonna da un 'numero privato'.

Ultimo aggiornamento: Domenica 28 Ottobre 2018, 15:30
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