Parrucchieri più cari di 5 euro: partenza col botto, poi il crollo

Parrucchieri più cari di 5 euro: partenza col botto, poi il crollo

di Simona Romanò
Rincaro-Covid a Milano per i parrucchieri e i barbieri. Hanno alzato le saracinesche lo scorso 18 maggio, tra le rigide regole anti-contagio e un ritocco al listino prezzi di circa 5 euro, perché gli acconciatori nella Fase 2 hanno fatto squadra e molti fanno pagare ai clienti i costi dei dispositivi imposti dal virus: dai kimono alle mantelline usa e getta, dalle salviette ai pettini monouso, fino alla sanificazione continua di poltrone, lavatesta, pavimenti. E ora, dopo circa quattro settimane di porte aperte, stilano un primo bilancio, guardando con preoccupazione ai prossimi mesi, che dicono essere «quelli della prova del nove».

«La prima settimana di apertura è stata davvero con il botto, perché abbiamo lavorato con l’80 per cento della nostra clientela, che aveva proprio bisogno di mettere la testa a posto - spiega Salvatore Seccia, titolare della storica bottega Sg BArber Shop, nata nel 1929, e presidente dell’Espam, la scuola di parrucchieri ed estetisti - la seconda e terza settimana, però, il lavoro è calato al 70 cento e ora è crollato». «Attendiamo luglio con un po’ di timore – prosegue - i soldi nelle tasche dei milanesi sono meno e potrebbero a rinunciare a qualche taglio o trattamento extra». Anche i barbieri si ritrovano a fare i conti con la lenta ripartenza: secondo le prime stime, un 10 per cento non ha nemmeno avuto la forza di riprendere. E se non avessero aperto il 18 maggio, ma il 3 giugno - com’era nel programma iniziale di Regione Lombardia - forse sarebbe stati decimati, perché schiacciati da un problema già denunciato a Milano, come nelle altre metropoli: «La piaga dei troppi abusivi – racconta Seccia – nel lockdown non si sono fermati, ma hanno svolto servizi a domicilio. Non solo facendo concorrenza sleale, ma anche mettendo a rischio la salute delle persone».

La crisi-Covid non risparmia un settore che dà lavoro a migliaia di persone.
Sono 24.930 le attività, in Lombardia, che si occupano di cura della persona, per un giro d’affari di oltre un miliardo di euro; circa 15mila fra acconciatori, barbieri, estetisti. A Milano si contano ottomila negozi che danno lavoro a 20mila addetti: i più piccoli, spesso a gestione famigliare, in tre mesi di blocco hanno perso circa il 27 per cento del fatturato annuo. «Molti sono allo stremo - termina Seccia - chi ha fatto investimenti o i barbieri vecchio stile rischiano di chiudere per sempre».

Ultimo aggiornamento: Venerdì 12 Giugno 2020, 08:33
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