Applicavano tassi da usura fino al 30% al mese. Con quegli interessi chi aveva un debito con loro non poteva uscirne mai. Eppure i clienti pagavano, sempre. Perché l’alternativa era un proiettile in una gamba. Lo ha messo nero su bianco in un “memoriale” consegnato alla dda milanese da una delle vittime di un giro di usura finito al centro di un’inchiesta della squadra mobile che ha portato a sette arresti, tra Milano e Pavia: «Se non avessi onorato gli impegni sarei stato gambizzato, nella migliore delle ipotesi». I riscossori sono tutti legati alle cosche calabresi. In carcere è finito anche Orlando Demasi, 46 anni, affiliato alla “locale” di ‘ndrangheta di Giussano (Monza e Brianza), collegata a un clan di Guardavalle (Catanzaro) e a cui nel 2019 erano stati già confiscati 3 milioni di euro dal Tribunale del capoluogo lombardo.
L’indagine, scrive il gip Fiammetta Modica nell’ordinanza emessa su richiesta del pm Francesco De Tommasi, si è concentrata proprio su Demasi, l’uomo che «vendeva denaro», ossia faceva prestiti a tassi usurari fino al 30% al mese, e «tramite un giro di società allo stesso sostanzialmente riconducibili e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, forniva una copertura ad ingenti movimenti di soldi» per milioni di euro.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 22 Luglio 2022, 16:36
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