Tregua a Mosca dopo il “quasi golpe”. La leadership di Putin mai così debole

Prigozhin sparito, forse è in Bielorussia. Nel suo rifugio lingotti e 44 milioni di euro

Tregua a Mosca dopo il “quasi golpe”. La leadership di Putin mai così debole

di Giammarco Oberto

Umiliato dal suo “chef”. Indebolito. Non ha saputo fronteggiare l’emergenza, e si è trovato la colonna Wagner in marcia fino a duecento chilometri da Mosca. Per gli analisti mondiali la leadership di Putin esce piena di crepe dalla vicenda del “quasi golpe” messo a segno da Yevgeny Prigozhin.

ZAR IN CRISI?

Ieri Putin è scomparso dalle scene, non è neppure chiaro se sia al Cremlino oppure trasportato altrove dai servizi di sicurezza. Sulla tv russa è comparsa una sua intervista registrata il 21 giugno, in cui Putin assicurava di pensare 24 ore al giorno «solo all’operazione speciale». Ma i media di Stato dicono che in settimana presiederà il Consiglio di sicurezza della Federazione russa. E quello potrebbe anche essere il contesto per verificare gli equilibri di potere ai vertici del Cremlino e cambiare qualche tessera dell’assetto.

L’APPOGGIO CINESE

Se in tanti scommettono sull’inizio della fine per Putin, la sua leadership ha incassato invece il pieno appoggio di Pechino. «La Cina sostiene la Russia nel mantenimento della stabilità nazionale» ha dichiarato il ministero degli Esteri cinese. Una mossa temuta dalle cancellerie occidentali: la Cina punta ad aumentare la sua influenza sulla Russia aiutando lo zar a restare al potere.

MOSCA BLINDATA

Dopo la grande tensione di sabato, con gli annunci dell’avanzata della colonna di ammutinati verso Mosca, ieri nella Capitale è tornata la quasi normalità.

Ma restano in vigore le misure antiterrorismo prese dal sindaco. La Piazza Rossa resta chiusa al pubblico. Le autostrade che arrivano da sud sono chiuse e presidiate. Anche oggi per i moscoviti sarà «una giornata di vacanza»: nessuno dovrà andare al lavoro, lasciando così le strade libere per ogni evenienza.

LO CHEF DI PUTIN

È scomparso anche il protagonista della marcia su Mosca. Il capo della Wagner Yevgeny Prigozhin è stato avvisato per l’ultima volta sabato sera a Rostov sul Don, la città di frontiera a 600 chilometri da Mosca che ha invaso con - a sua detta - «25mila soldati pronti a morire». In serata ha lasciato la città su un suv nero, fermandosi tra due ali di folla acclamanti per prestarsi ai selfie. Dove sia ora è un mistero. Forse è a Minsk, sotto la protezione del leader bielorusso Lukashenko, avuta secondo le ipotesi se avesse accettato di fermare la marcia su Mosca, come poi ha fatto. Ma potrebbero esserci anche altri accordi, in cambio del salvacondotto.

IL TESORO

Nelle prime ore del simil colpo di Stato, le forze di sicurezza hanno perquisito il quartier generale della Wagner, l’hotel Trezzini a San Pietroburgo. E, nascosti in un furgone, hanno trovato decine si scatoloni pieni di banconote: 4 miliardi di rubli (44 milioni di euro) e cinque chili di lingotti d’oro. «I soldi mi servono per pagare i soldati e le famiglie dei caduti» ha commentato lui, prima di sparire dai radar.

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Ultimo aggiornamento: Lunedì 26 Giugno 2023, 06:00
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