Pamela Mastropietro, Oseghale e la doppia versione: «Era preoccupato solo per aver tradito la moglie»

Pamela Mastropietro, Oseghale e la doppia versione: «Era preoccupato solo per aver tradito la moglie»
Nel giorno in cui il pentito Vincenzo Marino, in aula davanti alla Corte d'Assise di Macerata al processo per l'omicidio di Pamela Mastropietro, racconta particolari choc del delitto della giovane, un ex compagno di cella di Innocent Oseghale smentisce parzialmente poco dopo il suo racconto in tribunale. Stefano Giardini, detenuto per un periodo ad Ascoli in cella col nigeriano accusato dell'omicidio, ha affermato di escludere che Oseghale possa aver fatto confidenze al pentito «e penso che se avesse dovuto fare una confidenza l'avrebbe fatta a me».

Il racconto del pentito: 
«Oseghale iniziò a farla a pezzi quando era ancora viva»

Giardini, che ha riferito di essersi fatto promotore di un «memoriale» di Oseghale dove si racconta la versione raccontata allo stesso teste secondo cui il nigeriano non avrebbe ucciso Pamela, che sarebbe invece morta per droga, è stato ascoltato anche in merito ai rapporti tra Oseghale e Marino, supertestimone dell'accusa. L'ex compagno di cella ha spiegato di aver anche pensato a scrivere un libro sulla vicenda, un libro nel quale avrebbe potuto usare i contenuti del memoriale, in inglese e italiano, di Oseghale.

Pamela Mastropietro, la moglie del supertestimone minacciata di morte

«Non mi ha parlato di mafia nigeriana», ha aggiunto Giardini rispondendo alla difesa del nigeriano sui presunti rapporti tra l'imputato e la mafia nigeriana. «Aveva dei soldi sul libretto, gli furono sequestrati e dunque rimase senza soldi - ha concluso - io gli facevo la spesa». Oseghale inoltre, secondo l'ex compagno di cella, «sembrava più preoccupato che la compagna venisse a conoscenza dell'atto sessuale» che del resto. Dopo la morte di Pamela «entrò nel panico perché l'indomani doveva tornare a casa della compagna, che era ospite di una comunità e non sapeva come cancellare le tracce di questo suo tradimento. Per lui il tradimento era il problema».




"RAPPORTO SESSUALE CONSENZIENTE"
Oseghale avrebbe raccontato a Giardini che tra lui e Pamela ci sarebbe stato un rapporto sessuale «consenziente» in cambio dell'aiuto a trovare una dose di eroina e la morte dopo l'iniezione di stupefacente «per overdose»: «Lui ha sempre negato le coltellate, lui ha detto che l'ha solo vivisezionata. Ha sempre negato di averla uccisa» e «disse che questa cosa l'ha fatta da solo», ha affermato il detenuto che divideva la cella con Oseghale ad Ascoli. «Inizialmente diede una versione che non considerammo molto veritiera», ha raccontato ricostruendo i primi rapporti tra gli altri detenuti e Oseghale. «Poi conoscendoci meglio si aprì e la modificò. Inizialmente disse che non aveva in nessun modo partecipato» al delitto, «attribuendo responsabilità ad altri nigeriani», mentre poi Oseghale «disse che voleva dirci la verità».

LA SECONDA VERSIONE Secondo questa seconda versione raccontata dall'ex compagno di cella, l'incontro tra Pamela e Oseghale avvenne ai giardini Diaz: mentre aspettava un cliente per vendergli marijuana, Oseghale «è stato avvicinato da questa ragazza, che non conosceva e gli ha chiesto di accendere una sigaretta; poi gli ha chiesto se poteva procurarle una dose di eroina», ha detto Giardini riferendo il racconto. Oseghale, secondo la sua ricostruzione, vendeva solo marijuana ma si propose di «aiutarla a trovare qualcuno» e in cambio di questo aiuto ci fu «un rapporto sessuale» con Pamela. «Oseghale fece un paio di telefonate, chiamò un suo amico che gli disse che era fuori zona e di rivolgersi a Lucky che si rese disponibile, confermò di avere la dose e si diedero appuntamento a un campo di calcio - ha riferito il teste in aula - A quel punto Oseghale e la ragazza si appartarono sotto un ponte ed ebbero un rapporto sessuale».

Successivamente, dopo l'incontro con Lucky e lo scambio di droga, ha riferito Giardini, Oseghale gli raccontò che fu Pamela a chiedergli di poter andare a casa sua in attesa dell'orario del treno per tornare a Roma e che si fermarono a un supermercato e poi a comprare una siringa. Nella casa di via Spalato poi, secondo quanto riferito dall'ex compagno di cella del nigeriano, Pamela si iniettò la dose di droga: «Oseghale disse che era abbastanza allegra all'inizio, poi sentì un tonfo: era caduta al suolo». La ragazza «respirava ma stava in una specie di catalessi, sembrava svenuta. Nel frattempo il nigeriano raccontò di aver ricevuto la chiamata di un cliente» di essere uscito e di essere rientrato a casa nel giro di «tre ore» trovando Pamela «apparentemente morta». A quel punto maturò la decisione di «sezionare il corpo». 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 6 Marzo 2019, 17:23
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