Ford Mustang, un cavallo selvaggio:
le emozioni della sportiva americana

Ford Mustang, cavallo selvaggio: le emozioni della sportiva americana

di Nicola Desiderio
LOMMEL – Si chiama Jon, ha gli occhi di ghiaccio come un cowboy, ha un casco per cappello e siede su 420 cavalli selvaggi. Se gli chiedi “Di dove sei?” lui ti risponde “Di queste parti”. Ma quella che ha tra le mani non è di queste parti. È la Ford Mustang e siamo sulla famosa pista 7, non di quelle battute dal bestiame o dagli indiani, ma quella del cosiddetto LPG. Niente a che fare con i gas di petrolio liquefatti perché si tratta del Lommel Proving Ground, il centro di collaudo che Ford ha in Belgio e che la casa americana ha aperto per farci provare come passeggeri i suoi gioielli al fianco dei suoi collaudatori. Jon è uno di questi.



Da pony car a muscle car. Chi non sa chi è la Ford Mustang? Gli americani direbbero: una delle sportive più iconiche. Noi diremmo “simboliche”, ma si intende la stessa cosa e la Mustang è effettivamente qualcosa di particolare, un pezzo di storia dell’automobile americana così come gli americani la intendono: muscolosa, semplice nella meccanica e con un V8 con tanti “cubic inches”. La Mustang è quella che si definirebbe anche una muscle car e il suo stile effettivamente è ispirato a quell’era che, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, prima della crisi petrolifera, vide una proliferazione di auto sportive dallo stile maschio. La Mustang in realtà era nata nel 1964 per essere una vettura essenzialmente edonistica – non a caso la prima fu una cabriolet – compatta (meno di 4 metri), con un motore piccolo – era un V4 di 1,5 litri da 109 cv – e a basso prezzo per andare incontro ai cosiddetti baby boomer, ovvero la generazione dei giovani nati dopo la Seconda Guerra Mondiale.



Lee Iacocca, Carol Shelby, Steve McQueen… A volerla fortemente era stato un certo Lee Iacocca, una delle leggende dell’industria motoristica d’Oltreoceano. Ed ebbe ragione visto che il successo fu immediato e travolgente, ma per la metamorfosi sportiva bisognò aspettare un paio d’anni quando passò per le mani di Carrol Shelby, altro personaggio tipico del motorismo americano, per avere vinto la 24 Ore di Le Mans nel 1959 da pilota a bordo dell’Aston Martin DBR1 e aver legato poi il proprio nome alla Ford GT – dominatrice della Le Mans per 4 edizioni, dal 1966 al 1969 – e poi alle Cobra, alla Viper e naturalmente alla Mustang che è stata un po’ il portafortuna del pilota e ingegnere texano fino agli ultimi giorni della sua vita conclusasi nel 2012 alla veneranda età di 89 anni. E come non ricordare quale importanza ebbe il cinema nel consacrare il mito della Mustang? Un vero ruolo da protagonista lo ebbe in Bullit dove Steve McQueen, a bordo della sua GT 390, sfida una Dodge Charger sui saliscendi di San Francisco in un inseguimento mozzafiato nel quale la colonna sonora è il suono dei V8.



Il cavallo selvaggio in versione 5.0. Ricordi e suggestioni che è impossibile ignorare se si è sensibili al fascino della 4 ruote e a certi simboli. Lo stile della Mustang odierna contiene poi diverse citazioni di quell’epoca d’oro come il frontale leggermente acuto, il taglio della finestratura laterale, il profilo dei fari – soprattutto quelli posteriori – e poi quell’enorme cofano bombato e sulla calandra il Mustang, ovvero il cavallo selvaggio dal quale l’auto prende il nome. Il nome verrebbe dal messicano “mustengo” che vuol dire cavallo non domato e si riferisce a una specie selvatica che vive proprio al confine tra il Texas e il Messico. La Mustang insomma è un’auto “tex-mex” e, come tale, è un piatto saporito, di quelli poco sofisticati, ma ricchi di gusto per il manico e per l’udito. Quel 5.0 sulla fiancata poi evoca le famose Mustang “Five-point-O” degli anni ’80 mentre il nome GT rimanda proprio agli anni di Steve McQueen.



Per il V8 c’è l’evoluzione della specie. Non c’è più tempo per i ricordi perché Jon ha già innestato la prima e stiamo per fare il nostro ingresso sulla pista più impegnativa di tutto il centro di Lommel, ma c’è il tempo per osservare gli interni. Anche loro sono un incrocio tra citazioni e attualità, con gli strumenti incavati a la grafica lunga e il volante a tre razze di diametro non proprio contenuto. La Mustang 2014 ha anche un display da 4,2 pollici con la cosiddetta Track App che visualizza le accelerazioni laterali e longitudinali. C’è anche il MyKey, che ha debuttato per la prima volta in Europa sulla Fiesta, e questo consentirebbe potenzialmente di dare una vettura come questa tranquillamente al proprio figlio. Jon invece è grande e vaccinato e tira tre marce mettendo al galoppo i 420 cv fino alla prima curva, una secca verso destra. Come da tradizione, il sound del V8 Ford è più secco e meno baritonale di quelli concorrenti, ma il legame con il passato è solo acustico perché sotto non c’è un monoalbero centrale ad aste e bilanceri con 2 valvole per cilindro, ma un moderno bialbero in testa per bancata con tanto di variatore di fase, tutto in alluminio e capace di girare tranquillamente fino a 7.000 giri/min. Le sospensioni invece sono sorprendentemente quelle di 49 anni fa: anteriori McPherson e posteriori ad assale rigido con due bracci longitudinale e barra Panhard.



Il vero divertimento? È farlo con poco. Sarà che Jon conosce la pista, sarà che conosce la macchina, ma sotto le sue mani la Mustang GT sembra nata per mettersi di traverso, ma solo perché lo vuole il pilota, non certo per il suo carattere irascibile. Il V8 non è un mostro di reattività e questo rallenta un po’ in scalata, ma è vigoroso, bello da sentire e all’uscita delle curve fa fischiare le gomme dalla misura tutt’altro che esagerata chiamando in causa il differenziale Torsen. La sua azione appare progressiva e naturale quando si è ancora con le ruote girate, viceversa un po’ brusco quando sarebbe il momento di riallinearle, ma basta non esagerare con il controsterzo per giocare d’anticipo e guadagnare tempo alla prossima curva. Il ritmo con il quale le svolte susseguono è incalzante con saliscendi che portano il cuore e le viscere fino alla gola salvo poi sentirli spalmarsi verso la seduta. Ottimi invece i freni e non è un caso, visto che sono Brembo. La Mustang magari non è un mostro al cronometro, ma è un’auto divertentissima, piena di personalità come ce ne sono poche in giro e poi a pensare che costa meno di 32mila dollari, chiavi in mano – 23.600 euro al cambio attuale – quasi quasi pensi che ne te ne faresti incartare due: una GT coupé e una più un cabrio con il più tranquillo V6 3,7 litri da 305 cv, magari con il cambio automatico.



Per festeggiare i 60 anni si vola in Europa. Per voi che sognate una cosa del genere, vi diciamo un segreto che in realtà segreto non è: la Ford Mustang diventerà un modello globale e arriverà anche in Europa nel 2014 proprio nell’anno in cui compirà 60 anni dopo oltre 8,5 milioni di unità prodotte. Stile e tecnica dovrebbero dunque segnare un’evoluzione decisa. Quanto ai motori infatti ci sarà anche un 4 cilindri turbo ad iniezione diretta di 2,4 litri della famiglia EcoBoost – è dall’inizio degli anni ’90 che un frazionamento del genere non era nel cofano della sportiva Ford – e l’assale rigido posteriore sarà sostituito da un multi-link che farà storcere il naso ai puristi, ma che è l’ammenda da pagare per avere un bilancio tra comfort e tenuta di strada all’altezza dei gusti degli europei. Anche il bilancio tra abitabilità e ingombri sarà più favorevole con una lunghezza inferiore agli attuali 4,79 metri e un interno più spazioso e accogliente. Lo stile infine dovrà tenere conto di una differenza sostanziale: l’obbligo di osservare le norme di urto contro i pedoni che negli Usa non esistono. Per gli yankee conta solo cosa c’è sotto il cofano: cavalli selvaggi.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 1 Novembre 2013, 17:55
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