Porsche, le bellezze di Macan:
il Suv d'autore diventa accessibile

Porsche, le bellezze di Macan: il Suv d'autore diventa accessibile

di Nicola Desiderio
ZUFFENHAUSEN - Il Suv compatto di Porsche si chiama Macan e significa “tigre” in lingua tailandese. Un’immagine giusta per il nuovo modello, presentato in contemporanea ai saloni di Los Angeles e Tokyo, sul quale la casa di Zuffenhausen ha riposto grandi speranze visto che per produrlo ha investito ben 500 milioni di euro per ampliare il proprio stabilimento di Lipsia dove si fanno anche la Cayenne e la Panamera che sono in ogni caso le Porsche più vendute. La Macan però farà meglio di tutte, con un obiettivo di 50mila unità all’anno, in grado di proiettare il marchio della Cavallina in una nuova dimensione commerciale, ma senza intaccarne l’esclusività.



Con un’altra Porsche sarà ancora Porsche? Riusciranno i nostri eroi? Essere riusciti a fare di un “one car brand” in un marchio che ha a listino ben 5 modelli è stata un’impresa alla quale nessuno credeva perché la 911 è un punto di forza, ma anche un limite. Eppure la Porsche vi è riuscita e dopo Boxster, Cayman, Cayenne e Panamera ora sembra arrivato il turno della Macan. La piccola – che poi piccola non è visto che è lunga 4,68 metri – ha però un compito meno complicato: i Suv compatti sono in ascesa sul mercato globale e il successo della Cayenne ha già aperto le menti all’idea di una Porsche a ruote alte che a suo tempo sembrò una vera e propria bestemmia. D’altro canto il blasone del marchio impone due cose: che il prodotto abbia caratteristiche assolutamente superiori e in linea con il posizionamento della gamma e che la forza del brand non venga diluita da numeri troppo grandi. In questo caso la Macan farebbe non solo male a se stessa, ma a tutta la Porsche. A tutto questo staranno già pensando da un pezzo le teste di Zuffenhausen e di Wolfsburg, quest’ultime sempre con il loro bel da fare vista l’abbondanza di marchi di successo o premium in portafoglio.



Modulare, longitudinale. La Porsche Macan deriva di fatti dalla Q5, il cui pianale è il MLP acronimo di Modularer Längsbaukasten o, per gli anglofoni, di Modular Longitudinal Platform e finora era rimasto patrimonio esclusivo della casa di Ingolstadt. La struttura è un misto di acciaio e alluminio, in particolare per gli assali, le sospensioni e il cofano anteriore che, per tenere il muso basso e avere lo stile tipico, ha una conformazione avvolgente e possiede all’interno un’intercapedine che smista in modo complesso quanto ingegnoso l’aria per il motore trasformandolo di fatto, non solo in una scatola di aspirazione ma anche in un’ala rovesciata per ridurre la portanza anteriore. A questo proposito, maniacale l’attenzione con la quale sono stati carenati i passaruota e persino i braccetti delle sospensioni. Ma il lavoro forse più difficile è stato fatto sull’assetto di seduta perché occorreva dare un sapore più sportivo anche a questa semplice esperienza quotidiana. E i tecnici tedeschi ci sono riusciti perché la sensazione – se non proprio di scendere – non è comunque quella di salire su un mezzo a ruote alte.



Assetto pneumatico per andare ovunque. Cinematismi e geometrie delle sospensioni sono rimasti identici, ma lo sterzo è di tipo elettromeccanico e più diretto del 10%, inoltre la parte elastica è stata nettamente rivista: boccole, barre antirollio e naturalmente ammortizzatori e molle sono specifici. Anzi, in questi ultimi due casi, si possono avere anche gli smorzatori a controllo elettronico e le molle pneumatiche che abbassano di 10 mm la vettura in velocità e la sollevano di 40 mm – 230 mm da terra – quando si preme il pulsante “Offroad” che provvede anche ad adattare la risposta del resto della meccanica e dell’autotelaio. In più, si può abbassare la vettura di 40 mm attraverso il pulsante nel bagagliaio per facilitare le operazione di carico e scarico. Nuovo anche lo schema della trazione integrale. Se nella Q5 c’è un sistema a giunto Torsen, sulla Macan c’è invece un giunto centrale con frizione multidisco elettromagnetica fornito dalla Magna, simile a quello di Panamera e 911, che ripartisce la coppia tra i due assali in modo continuo privilegiando però sempre quello posteriore, come si conviene a una sportiva, ma il potenziale è di poter dare tutto anche solo alle ruote anteriori, anche con l’aiuto del controllo elettronico di stabilità.



Assetto da corsa e freni d’acciaio, anzi di carbonio. Proprio per questo sono state adottate misure differenziate per gli pneumatici tra avantreno e retrotreno con cerchi che vanno da 18 a 21 pollici. Diverso anche il differenziale posteriore che può essere a controllo elettronico. Anche in questo caso la percentuale tra ruota interna ed esterna varia da 0 a 100 e lavora con l’elettronica per imprimere attraverso i freni effetti direzionali che facilitano sia l’inserimento sia la motricità in uscita. Il tutto per avere il meglio anche in fuoristrada dove, in assenza delle ridotte, in discesa viene in aiuto l’assistenza automatica dei freni. Anche in questo caso occorreva che fossero Porsche la quale, con il consueto aiuto della Brembo, ha realizzato un impianto capace di superare capitolati terribili per potenza e resistenza. Due gli impianti possibili: con dischi in acciaio compositi – rotori in alluminio e rotori in ghisa – oppure carboceramici. Nel primo caso, davanti ci sono dischi da 350 mm di diametro (360 mm per la Turbo) con pinze fisse monoblocco in alluminio a 6 pistoncini e dietro da 330 mm (356 sulla Turbo) con pinze flottanti. Nel secondo caso misure e pinze sono simili, ma queste ultime sono verniciate di giallo come da tradizione.



Il PDK è Made in Audi. E veniamo infine ai motori e alle trasmissioni. I motori sono tutti V6 ad iniezione diretta e sovralimentati con turbocompressore, provvisti di stop&start e recupero dell’energia oltre che di pompa dell’acqua elettriche per una gestione termica ottimale della temperatura in funzione della massima efficienza e delle condizioni di utilizzo. Il diesel 3 litri da 258 cv che in Italia sarà limitato a 250 cv per ovvi motivi fiscali. La potenza è erogata a 4.000-4.250 giri, ma la zona rossa parte a 5.200 giri/min mentre la coppia è di 580 Nm tra 1.750 e 2.500 giri/min. Le prestazioni: 230 km/h e 0-100 km/h in 6,3 secondi (-2 decimi con il pacchetto Sport Chrono) per un consumo di 6,1-6,3 litri/100 km pari a 159-164 g/km di CO2. L’omologazione è Euro 6, come sugli altri motori, ma in questo caso c’è stato bisogno del sistema SCR allo scarico con uno speciale catalizzatore che riduce gli ossidi di azoto con la collaborazione di un additivo a base di urea. Il cambio di serie per tutti è un doppia frizione a 7 rapporti, ma è quello di derivazione Audi ottimizzato per l’utilizzo sportivo e non lo ZF che si trova sugli altri modelli Porsche.



Biturbo quasi da corsa. Le unità a benzina sono biturbo, hanno la distribuzione a doppio albero in testa per bancata mossa da catena doppia con variatore di fase e di alzata sul lato aspirazione. Le bancate sono a 90 gradi e per questo ha il controalbero di bilanciamento al quale è integrata anche la pompa dell’olio a portata variabile. A questo proposito, va detto che hanno una particolarità unica in questo segmento: la lubrificazione a carter secco, soluzione da vera auto sportiva e decisiva per l’abbassamento della posizione del motore e dunque del baricentro dell’intera auto. Il 3 litri della Cayman S eroga 340 cv a 5.500-6.500 giri/min e una coppia di 460 Nm tra 1.450 e 5.000 giri/min per una velocità massima di 254 km/h, un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 5,4 secondi (5,2 con il pacchetto Sport Chrono) e consumi di 8,7-9 litri/100 km pari ad emissioni di CO2 tra 204 e 212 g/km. Il 3,6 litri ha lo stesso alesaggio (96 mm), ma una corsa portata da 69 a 83 mm, dunque è meno superquadro, ma ha un rapporto di compressione più elevato (10,5:1 invece di 9,8:1) e i suoi due turbo soffiano più forte (1,2 bar invece di 1 bar). La Macan Turbo ha 400 cv a 6.000 giri/min, una coppia di 550 Nm tra 1.350 e 4.500 giri/min, raggiunge 266 km/h e chiude lo 0-100 km/h in 4,8 secondi (4,6 con lo Sport Chrono) con consumi di 8,9-9,2 litri7100 km ed emissioni di 208-216 g/km di CO2. I due motori hanno praticamente peso identico (212 contro 213 kg) e hanno la scala rossa a 6.700 giri/min.



Come “spazzola” bene in uscita di curva! Dopo avercela spiegata per bene, ci hanno fatto salire sulla Macan e abbiamo potuto provarla da passeggeri accanto ad un collaudatore. Piace la sensazione quando si entra in auto: ci si sente avvolti dalla vettura, dai pulsanti e dagli strumenti che parlano di prestazioni e tecnologia. Proprio per questo non si capisce perché alla Porsche non capiscano la necessità di avere un vano apposito per appoggiare lo smartphone. La chiave è inevitabilmente sulla sinistra del piantone e il motore si avvia con un suono ovattato, ma sempre presente. Il tracciato ha curve strette e saliscendi e presenta diversi punti ghiacciati dall’inverno tedesco, tanto che ci aspetteremo di fare del pattinaggio sin dai primi metri e invece la Macan va forte, è agile e solida e quando viene portata al limite, reagisce davvero come una sportiva permettendo a chi guida spettacolari e prolungati sovrasterzi di potenza. Insomma, grande sicurezza anche a ritmo sostenuto e poi divertimento quando si esplorano estremi difficilmente immaginabili per un veicolo a ruote alte.



Una rallysta mancata. E dopo l’asfalto arriva il momento del fuoristrada. Si preme il tasto Offroad, la vettura si solleva e affrontiamo un tratto cosparso di sassi che mettono a dura prova le sospensioni, e in modo crescente salendo di velocità. Poi arrivano, un tratto fangoso, un piano inclinato e una salita durissima affrontata da fermo cui segue una discesa lunga la quale interviene l’assistenza automatica dei freni. Il bello è che la Macan mantiene automaticamente questa impostazione fino a 120 km/h, dunque si può immaginare di utilizzarla sullo sterrato anche a velocità sostenuta. La sensazione è di viaggiare su un’auto capace di andare forte su qualsiasi terreno con enormi riserve di sicurezza e piacere di guida dove il nome Porsche non è assolutamente sprecato, anzi si sente l’orgoglio di chi non vuole sottostare ad alcun compromesso e di chi ha saputo vincere sia su asfalto, terra e dune di sabbia.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 6 Gennaio 2014, 19:44
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