Frosinone, lo storico Mieli: «In Ciociaria inferno di otto mesi, da questo popolo la più forte resistenza»

Frosinone, lo storico Mieli: «In Ciociaria inferno di otto mesi, da questo popolo la più forte resistenza»

di Stefano De Angelis

 

Meglio chiamarla resistenza che resilienza. Parola di Paolo Mieli, giornalista e saggista nonché attento storico. Quella dimostrata dal popolo della Ciociaria «che dev'essere un esempio per l'Italia». È quanto ha sottolineato Mieli intervenendo in occasione della consegna della medaglia d'oro, dall'alto valore morale e simbolico, non solo per il tributo pagato durante il secondo conflitto bellico, ma anche per la capacità di reazione e per i gesti di eroismo e solidarietà tra la popolazione. Un'onorificenza assegnata dal ministro Piantedosi a più di ottant'anni dai drammatici avvenimenti, ancora oggi indelebili, che hanno martoriato il territorio.

Mieli, nella sua lectio introduttiva, ha rimarcato il «grande significato» di questo riconoscimento e l'importanza del giorno scelto per la cerimonia, quello della ricorrenza della liberazione dall'occupazione nazista. In un passaggio ha parlato anche delle marocchinate: «Ridurre le sofferenze di questo popolo solo alle violenze delle truppe coloniali francesi è una diminuzione storica. Questa provincia ha vissuto l'inferno per otto mesi, sapere che ci fu un popolo che resistette come avete fatto voi ciociari rende me orgoglioso e l'Italia un posto migliore». Poi Mieli ha aggiunto: «Il popolo di questa provincia, dal settembre '43 al maggio '44, ha rappresentato il segno più forte della Resistenza, quella dei nuclei familiari che potevano scappare, ma sono rimasti qui e a volte, a rischio della propria vita, hanno ospitato in casa agenti della Resistenza e fuggiaschi in un momento in cui i tedeschi avevano requisito tutto.

Questo popolo sapeva che sarebbe stato spazzato dalle bombe, ma non ha lasciato la propria terra». Lo storico ha anche ricordato «la dignità avuta dalle famiglie nel non farsi abbattere».

LA MOTIVAZIONE

Questa la motivazione della decorazione: «Territorio di rilevante importanza strategica, in quanto posto a ridosso della linea Gustav e attraversato dalla via Casilina, maggiore arteria di collegamento tra la Capitale e il Sud del Paese, dal 10 settembre 1943 fu teatro di una violenta occupazione militare e subì devastanti bombardamenti che causarono la distruzione di ingente parte del patrimonio edilizio e culturale. La popolazione, oggetto di feroce barbarie e costretta allo sfollamento, sorretta da eroico coraggio, profonda fede nella libertà ed altissima dignità morale, sopportava la perdita di un numero elevato di concittadini e indicibili sofferenze, offrendo un luminoso esempio di abnegazione, incrollabile fermezza ed amore patrio».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 26 Aprile 2024, 15:39
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