Roma: Gervinho, la grande bellezza
La critica non lo ama, i tifosi lo adorano

Roma: Gervinho, la grande bellezza La critica non lo ama, i tifosi lo adorano

di Mimmo Ferretti
Francesco Totti, il suo capitano, ha detto che «se facesse pure gol, sarebbe Cristiano Ronaldo». Rudi Garcia, il suo allenatore, ha sentenziato che «nessun altro nella rosa ha le sue qualità». Che Gervinho sia un calciatore speciale, per certi versi unico, lo sostengono anche i tifosi della Roma, che l’ivoriano ha abituato a tutto e pure al contrario di tutto. La gente con una Lupa tatuata sul cuore lo adora: all’Olimpico ogni volta che l’ivoriano entra in possesso del pallone, in qualsiasi parte del campo lui stia, il pubblico sistematicamente si alza in piedi con il cuore acceso da una passione e comincia a urlare, a sperare. Perché qualcosa sta sicuramente per accadere. Nel bene o nel male. Gervinho più che una certezza rappresenta una speranza; la Sud impazzisce più per quello che potrebbe fare che per ciò che realmente fa. Lui, una sorta di Grande Bellezza romanista, è una scommessa continua: lo trovi solo soletto davanti al portiere avversario ma non ti giocheresti neppure mezzo euro sul suo gol. Però saresti disposto a giocarti casa quando sfida nell’uno contro l’avversario diretto: in quel caso, il viaggio alla cassa è assicurato.



Delizia e croce

Chi lo adora dice che Gervinho, ribattezzato er tendina, è un fuoriclasse; chi non lo adora (anzi, il contrario...) sostiene che non sappia dare un calcio serio a un pallone. Perché, spiegano, è impossibile sbagliare gol come quelli falliti contro il Livorno oppure prendere il palo a porta spalancata come accaduto contro il Catania. In realtà, l’ivoriano non è né un fenomeno né un pippone: è un attaccante che ha pregi singolari, per certi versi rari, ma anche limiti evidenti. Diciamo che se il suo allenatore fosse stato Nils Liedholm, lo svedese l’avrebbe messo mezzora al giorno a calciare davanti a un muro. La cosa che realmente conta, però, è la funzionalità di Gervinho all’interno del gioco di Garcia, che l’ha voluto a tutti i costi a Roma («Se non me l’avesse chiesto, io non l’avrei mai preso», cit. Walter Sabatini): 4 gol, 3 assist-gol e 3 rigori procurati, il suo ruolino di marcia in sedici gare su 20. Senza contare tutte le volte che ha seminato il panico nelle difese avversarie e pure i gol che si è pappato a due passi dalla linea bianca...



La lezione torinese

Forse comincerà stasera, chissà, ma Garcia a Gervinho non rinuncia mai. Lo considera un giocatore base della sua Roma, uno dal quale non è possibile prescindere. Contro la Juventus a Torino, l’ivoriano è stato uno dei peggiori della Roma: Antonio Conte, temendo le sue giocate, s’era sistemato con la difesa a cinque e raddoppi sistematici sull’ivoriano ogni volta che si metteva in azione. Segno che lo temeva, che lo considerava l’avversario più temibile. Stasera, a rigor di logica, dovrebbe accadere la stessa cosa: resta da verificare se/che tipo di lezione avrà tratto Gervinho (e Garcia) da quella sera.
Ultimo aggiornamento: Martedì 21 Gennaio 2014, 22:18
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