Roma: Gervinho, la grande bellezza
La critica non lo ama, i tifosi lo adorano
di Mimmo Ferretti
Delizia e croce
Chi lo adora dice che Gervinho, ribattezzato er tendina, è un fuoriclasse; chi non lo adora (anzi, il contrario...) sostiene che non sappia dare un calcio serio a un pallone. Perché, spiegano, è impossibile sbagliare gol come quelli falliti contro il Livorno oppure prendere il palo a porta spalancata come accaduto contro il Catania. In realtà, l’ivoriano non è né un fenomeno né un pippone: è un attaccante che ha pregi singolari, per certi versi rari, ma anche limiti evidenti. Diciamo che se il suo allenatore fosse stato Nils Liedholm, lo svedese l’avrebbe messo mezzora al giorno a calciare davanti a un muro. La cosa che realmente conta, però, è la funzionalità di Gervinho all’interno del gioco di Garcia, che l’ha voluto a tutti i costi a Roma («Se non me l’avesse chiesto, io non l’avrei mai preso», cit. Walter Sabatini): 4 gol, 3 assist-gol e 3 rigori procurati, il suo ruolino di marcia in sedici gare su 20. Senza contare tutte le volte che ha seminato il panico nelle difese avversarie e pure i gol che si è pappato a due passi dalla linea bianca...
La lezione torinese
Forse comincerà stasera, chissà, ma Garcia a Gervinho non rinuncia mai. Lo considera un giocatore base della sua Roma, uno dal quale non è possibile prescindere. Contro la Juventus a Torino, l’ivoriano è stato uno dei peggiori della Roma: Antonio Conte, temendo le sue giocate, s’era sistemato con la difesa a cinque e raddoppi sistematici sull’ivoriano ogni volta che si metteva in azione. Segno che lo temeva, che lo considerava l’avversario più temibile. Stasera, a rigor di logica, dovrebbe accadere la stessa cosa: resta da verificare se/che tipo di lezione avrà tratto Gervinho (e Garcia) da quella sera.
Ultimo aggiornamento: Martedì 21 Gennaio 2014, 22:18
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