La mano artificiale che piega le dita: «Sembra vera, efficienza al 90%». La rivoluzione è italiana

La mano artificiale che piega le dita: «Sembra vera, efficienza al 90%». La rivoluzione è italiana

di Domenico Zurlo
Una mano artificiale rivoluzionaria, una protesi hi-tech che può davvero cambiare il mondo, in più anche più economica di quelle attuali: una mano che piega le dita e può afferrare oggetti con un'efficienza pari al 90% di quella di una mano naturale e non richiede bisturi. La mano, che si chiama Hannes in onore di Hannes Schmidl, è nata in Italia nel Rehab Technologies Lab, il laboratorio congiunto nato nel dicembre 2013 dalla collaborazione tra l'Inail e l'Istituto italiano di tecnologia (Iit), ed è stata presentata oggi a Roma, nell'incontro organizzato proprio da Inail e Iit.



«Posso piegare le dita con la forza voluta e cominciare a dimenticare di dover usare sempre la mano sinistra», ha detto Marzo Zambelli, che nel 2015 aveva sperimentato la mano con tre dita, considerata la prova di fattibilità di una protesi ad alta tecnologia e a costi più accessibili, primo frutto della collaborazione Inail-IIt. Con la sua 'nuova mano' Zambellii ha stretto oggi quella del ministro Poletti. Schmidl è stato il primo direttore tecnico del centro protesi dell'Inail e autore nel 1965 della prima manocontrollata dagli impulsi nervosi trasmessi dai muscoli (mioelettrica). La mano presentata oggi è controllata nello stesso modo attraverso elettrodi, indossarla non richiede un intervento chirurgico e ha dei guanti color pelle in versione maschile e femminile.

 
 

«Abbiamo uno strumento prezioso», ha detto il presidente dell'Inail, Massimo De Felice. La protesi è un vero e proprio prodotto che ha ricevuto la certificazione CE come dispositivo medico di fase 1, ed «è pronta per la commercializzazione a partire dal 2019», ha aggiunto il direttore generale Inail Giuseppe Lucibello. È stata sviluppata nell'ambito dell'accordo fra Inail e Iit del 2013: un protocollo finalizzato allo sviluppo di protesi di nuova generazione che prevedeva un investimento di 7,5 milioni in un piano triennale (2013-2015) da 12 milioni.



​Il risultato, frutto di oltre 10 anni di lavoro, «è una dimostrazione di come la tecnologia possa aprire grandi opportunità a livello sociale», ha detto Gabriele Galateri di Genola, presidente dell'Iit. Il punto di partenza è stato il robot umanoide iCub costruito nel 2010: «Una palestra per sviluppare componenti al servizio dell'uomo», le parole del direttore scientifico Roberto Cingolani. «La mano è solo il primo esempio, ma sulla stessa base stiamo sviluppando esoscheletri e protesi di braccia e gambe».

Ultimo aggiornamento: Giovedì 10 Maggio 2018, 16:53
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