Ora Madrid minaccia la Catalogna:
"Escludete il Barcellona dalla Liga"

Ora Madrid minaccia la Catalogna: "Escludete il Barcellona dalla Liga"

di Enrico Chillè
Sono solo elezioni regionali, ma hanno un forte sapore di indipendenza.



La Catalogna è chiamata, domenica prossima, a eleggere i propri rappresentanti nel Parlamento della 'Comunitat' e, dopo il referendum solo simbolico dello scorso anno, ora i partiti più votati sono pronti a riunirsi in una coalizione indipendentista. Secondo i sondaggi riguardanti le intenzioni di voto dei catalani, una coalizione di diversi soggetti politici riunita sotto la spinta secessionista sarebbe possibile.



Il progetto dell'indipendenza dalla Spagna, apertamente dichiarato dal governatore catalano Artur Mas ha riscosso negli ultimi anni un favore sempre maggiore all'interno della popolazione, grazie anche a testimonial vip come Pep Guardiola. Un processo del genere, comunque, non potrà avvenire in maniera drastica e potrebbe avere delle conseguenze disastrose: la Catalogna è infatti la regione più industrializzata della Spagna e questo potrebbe danneggiare seriamente l'economia di Madrid, già messa a dura prova dalla crisi.



Lo stato centrale, al di là della contrapposizione politica e ideologica tra la monarchia costituzionale e gli enti locali autonomi, osteggia l'indipendenza catalana anche e soprattutto per quello che potrebbe comportare all'economia spagnola. E dal momento che ormai il calcio è un business, si profilano all'orizzonte nuovi orizzonti per la geografia del 'futbol'. Artur Mas ha negato una possibile uscita della Catalogna dalla Federcalcio spagnola, e quindi ha previsto che il Barcellona, così come i cugini dell'Espanyol (ben più legati allo stato centrale per motivi politici), potrà continuare a disputare le gare nella Liga. Non sono però dello stesso avviso Miguel Cardenal, presidente del Consiglio Superiore dello Sport, e Javier Tebas, numero uno della Liga de Futbol Profesional.



«Se la Catalogna dovesse diventare uno stato indipendente, dovrà anche crearsi una propria federazione calcistica affiliata all'Uefa ma totalmente distinta da quella spagnola» - ha spiegato Tebas - «Le leggi dello sport valgono a livello nazionale per tutta la Spagna, in caso di secessione mancheranno i presupposti legali per l'iscrizione al campionato». L'intransigenza di Tebas riflette chiaramente quella dello stato centrale e sembra difficile che in una battaglia politica e ideologica così furiosa si possa concedere ai club catalani una deroga per poter giocare in Spagna anche in caso di indipendenza: l'unico Stato sovrano a goderne, attualmente, è l'Andorra.



Più conciliante è stato invece Cardenal: «Il Barcellona è un club che, come molti altri in Spagna, ha portato in alto il nome del nostro paese. Lo considero un vero e proprio patrimonio spagnolo, e i tifosi del Barcellona vorrebbero continuare a vedere il club nella Liga. Questo non accade per caso, bensì fa capire che ci sono dei vincoli tra una città e uno stato che una secessione assurda difficilmente potrà spezzare». In dichiarazioni raccolte da El Pais, Cardenal ha anche analizzato le possibili conseguenze, per il Barcellona, in caso di indipendenza della Catalogna: «Potrebbe vincere ogni anno il campionato catalano a mani basse, ma anche se ha un fascino internazionale irresistibile, alla lunga perderà introiti. Senza il pubblico spagnolo, i proventi dei diritti televisivi saranno molto più bassi, perché una cosa è avere 47 milioni di potenziali spettatori, un'altra è averne otto. Difficilmente vedremmo arrivare ogni anno grandi campioni, il Barça rischierebbe di diventare una corazzata in campo nazionale ma fondamentalmente una squadra che si basa esclusivamente sul proprio settore giovanile, come l'Ajax o il Celtic».



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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 23 Settembre 2015, 11:57

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