Ron riparte in tour: «Sono un artista-artigiano. Dire da che parte sto? Lo faccio con le mie canzoni»

Il cantautore in concerto a Roma. Cinquant'anni di carriera: "Incontri felici, occasioni fortunate. Ma anche treni persi: come quando Visconti mi face un provino per fare Tadzio in 'Morte a Venezia' "

Ron riparte in tour: «Sono un artista-artigiano. Dire da che parte sto? Lo faccio con le mie canzoni»

di Totò Rizzo

Di “città per cantare” Ron ne ha trovate a decine, in questi ultimi due anni. Più che una vita, una tournée, ogni stagione un titolo diverso per smazzare, come carte da gioco, le canzoni di una carriera lunga poco più di mezzo secolo. Ritorna adesso sul palco (domani debutto a Vercelli, Teatro Civico; a Roma il 3 marzo al Palacongressi, e chiusura a Milano, Blue Note, il 28 aprile) con “Al centro esatto della musica”, parafrasando uno dei suoi primi album.

Dove sta, questo centro esatto?

«Penso che non lo scopriremo mai. O, forse, ognuno ha il suo. Il mio è nel modo di fare questo mestiere, sono un artista-artigiano, ho bisogno di una sala prove, di una chitarra e infatti la scenografia del concerto evocherà proprio quello spazio, io con i miei musicisti. E se, come accade durante le prove, mi verrà voglia di accennare per scherzo una canzone in un inglese un po’ inventato, lo farò. Penso che il bello stia in un approccio semplice, in certi arrangiamenti puliti, senza stravolgimenti che spiazzino i fans».

Da un po’ di tempo è in tournée perenne…

«Nella mia carriera ho scritto tante di quelle canzoni che penso potrei quasi non fermarmi. In questi ultimi anni ne ho tirate fuori alcune che erano rimaste un po’ nascoste, perse nei dischi tra altre che hanno avuto maggiore fortuna. Come quando si ferma lo sguardo su una fotografia in un album che avevi già sfogliato più volte. Era giusto riscattarle da questa distrazione».

La creazione invece a che punto è? La voglia di tornare in studio ad incidere qualcosa di nuovo?

«Non sono mai stato un tipo da “adesso faccio questo”. Mai programmato nulla nello scrivere. Ascolto tanta musica, sto sempre con la chitarra in mano, strimpello con leggerezza, magari arriva per caso un’armonia e su quella… ecco, molte canzoni sono nate così. Poi, magari, in fase di realizzazione divento puntiglioso, meticoloso, super-attento: “Arriva il perfettino”, diceva Lucio».

L’ultimo Sanremo? Lei, con moderazione, è un habitué del festival, ne ha anche vinto uno.

«La serata delle cover l’ho trovata bellissima. I giovani artisti che si avvicinavano a certi classici del repertorio dandogli una luce nuova a tratti sono stati emozionanti. Mahmood coi Tenores di Bitti e Ghali mi sono piaciuti moltissimo, Angelina Mango è pura, la seguivo anche ad “Amici” che è un programma che mi diverte.

In gara la qualità era un po’ discontinua, io rispetto i vari generi, vanno ascoltati, capiti ma con un mercato come quello di oggi  non tutti hanno il coraggio di uscire dagli schemi».

Fra tante città per cantare, che Italia vede giù dal palco?

«Un Paese che non è così brutto come lo dipingiamo. Siamo fragili, questo sì, siamo incerti. E per questo abbiamo grande voglia di arte, di poesia, ai concerti avverto un’ attenzione più forte di prima».

Il mondo non sembra avere quella grande anima che lei presagiva in una sua canzone.

«Il Covid ci ha fatto del male e basta, altro che renderci migliori. Ogni giorno è un bollettino di guerra. L’importante è cercare di opporsi a tutto questo».

L’artista, dunque, deve dichiarare da che parte sta?

«La questione non è scrivere un post sui social o partecipare ad un corteo, pur avendone ognuno di noi tutto il diritto. Io credo che la gente capisca da che parte sto ascoltando quello che canto».

Mezzo secolo di carriera: rimpianti, al di là del successo?

«Premesso che sono pigro, ho avuto incontri e occasioni fortunate: penso all’amicizia di Lucio, al tour con lui e De Gregori, o a quello con Pino Daniele, De Gregori e Fiorella Mannoia. Ma non dimentico anche i treni che ho perso: il provino che nel 1970 mi fece Luchino Visconti, per esempio, che mi avrebbe voluto come Tadzio in “Morte a Venezia”. La stessa mattina lo fece Red Canzian dei Pooh, eravamo seduti vicino, ci siamo conosciuti lì».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 8 Marzo 2024, 23:12
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