Montanari per papà: «Nel film "Regina" sono un genitore immaturo che cresce grazie alla figlia»

Montanari per papà: «Nel film "Regina" sono un genitore immaturo che cresce grazie alla figlia»

di Michela Greco

Un padre poco cresciuto e una figlia cresciuta troppo presto - ferita dalla perdita della mamma - insieme in viaggio verso la maturità. Sono i protagonisti di Regina di Alessandro Grande, unico italiano in concorso alla scorsa edizione del Torino Film Festival, un passo a due familiare che procede a ritmo di thriller ma “nasconde” un romanzo di formazione nel quale, a diventare adulto, è soprattutto il papà.

Lui, incarnato da Francesco Montanari, è più un amico che un genitore. Lei, interpretata dalla giovanissima e già lanciata Ginevra Francesconi (The Nest e Genitori vs influencer, presto in uscita), è una ragazzina che sogna di fare la cantante. Ispirato dal saggio Il complesso di Telemaco e ambientato tra i monti della Sila in Calabria, il racconto di Regina si accende con un incidente in mezzo al lago, momento spartiacque che costringerà entrambi a fare i conti con loro stessi.

Una prova importante per Montanari, che dopo il successo del Libanese si è affezionato ai personaggi poco amabili al punto da creare un podcast “Dedicato ai cattivi” della letteratura, mentre a teatro ha sperimentato il duetto con sua moglie Andrea Delogu ne Il giocattolaio.


Francesco, definiresti “cattivo” anche questo tuo papà?
«Non credo sia cattivo, ma è un uomo che pensa in modo infantile, uno che cerca di imporre il proprio sogno alla figlia.

Proprio grazie a lei, che intanto cresce, inizia a prendersi le sue responsabilità».


Un ruolo sfaccettato?
«Il regista è stato bravissimo a costruire su di me un personaggio tridimensionale, un uomo che rifiuta di vedere la realtà, uno che spera che le cose passino da sole. Quando capisce che non succede, diventa necessaria una presa di coscienza».


La mancanza di responsabilità sembra un tema cruciale di questi tempi.
«Direi che la deresponsabilizzazione è un tema evergreen, purtroppo. Non si tratta di mancanza di valori, ma proprio di incapacità di assumersi le responsabilità».


Come hai lavorato sulla costruzione del rapporto con Regina, non avendo l’esperienza della paternità?
«Le prove, pretese da Alessandro, sono state fondamentali per creare verità. Era importante costruire confidenza tra personaggi, creare un’intimità, fare spogliatoio anche a porte chiuse. Gli attori, in fondo, sono mercenari emotivi».


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Ultimo aggiornamento: Martedì 12 Gennaio 2021, 08:41
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