«Ho detto che non lo prendevo? Mi sarò sbagliato», oppure: «Mi ero proprio dimenticato». Eccoli stanati i furbetti del reddito di cittadinanza tra coloro che, sottoposti a una misura cautelare, dal carcere ai domiciliari, fino all'obbligo di firma, hanno omesso di riferire al giudice che il loro nucleo familiare beneficiava del sostentamento al reddito. Circostanza negata o che decade automaticamente qualora un componente della famiglia incappi in problemi giudiziari di questo tipo. Dall'incrocio dei dati forniti dal comando provinciale di Roma con le banche dati dell'Inps, i carabinieri del Nil e del nucleo operativo del gruppo tutela lavoro di Roma, hanno verificato che su 182 posizioni controllate, ben 49, oltre un terzo, erano irregolari. Ovvero che, nonostante l'arresto, le persone colpite dall'ordinanza di misura cautelare o il loro nucleo familiare, continuava a incassare puntualmente ogni mese il reddito di cittadinanza. «Un beneficio che dovrebbe essere anche un incentivo a comportarsi bene e ad avere senso civico», spiegano gli investigatori. Non sempre, come scoperto.
Andando ad analizzare i nominativi di coloro che nel corso del 2020 sono stati arrestati sul territorio, ecco la sorpresa: oltre uno su tre non aveva detto la verità al giudice. Dopo l'arresto in flagranza, per esempio, al momento del rito direttissimo, emessa la convalida, il giudice chiede espressamente all'imputato se lui o un familiare convivente è percettore del sostegno economico. Nel caso, infatti, il magistrato ha l'obbligo di comunicare il dato all'Inps che procede, quindi, in automatico, alla sospensione dell'erogazione. «In molti casi, però - affermano i carabinieri della Tutela Lavoro - gli interessati omettono la verità, salvo poi giustificarsi dicendo che lì per lì se lo erano scordato o che non sapevano che il familiare lo avesse richiesto».
LE CONSEGUENZE
Per i 49 furbetti, intanto, il procedimento di sospensione è scattato.
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Ultimo aggiornamento: Venerdì 19 Marzo 2021, 07:37
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