Roma, l'invasione dei cinghiali: 350 “visite” nel 2021. Oltre 50 negli ospedali

I report della Protezione civile. Per catturarli solo 3 gabbie. Il dg del “San Pietro”: entrano puntuali come i dipendenti

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di Lorenzo De Cicco

«Come gli operai in fabbrica: alle 5 di mattina, quando apriamo il cancello, attraversano le strisce pedonali, dopo avere rispettosamente aspettato il verde, ed entrano nell’ospedale». Pazienti? Medici? Infermieri? «No, cinghiali», racconta Giovanni Vrenna, il direttore degli Affari Generali del San Pietro Fatebenefratelli, sulla Cassia. Le scorribande degli ungulati nella Città eterna non fanno quasi più notizia, ma per le grandi strutture della sanità pubblica, già alle prese con due anni fiaccanti di pandemia, stanno diventando un problema. «Qui da noi sono più puntuali dei parenti dei malati: appena apriamo il portone, si piazzano davanti al reparto di Odontoiatria – riprende il direttore del San Pietro – oppure passano davanti al Pronto soccorso. E la cosa naturalmente diventa pericolosa anche dal punto di vista igienico». I blitz dei quadrupedi? «Quasi quotidiani». 

LE DENUNCE

Nei report della Protezione civile di Roma Capitale, solo dagli inizi di settembre al 31 dicembre scorso, sono annotate 50 segnalazioni di cinghiali intorno ai grandi ospedali: dal San Pietro alle immediate vicinanze del San Filippo Neri (non dentro, per fortuna), a quel gioiello della sanità privata che è il Gemelli. Nei documenti, consegnati con cadenza mensile al generale Fernando Falco, l’ormai ex capo della Direzione Animali del Comune, silurato da Gualtieri il primo gennaio (era stato nominato dalla Raggi), si parla di oltre 350 “blitz” dei cinghiali soltanto nel corso del 2021. Quasi uno al giorno. Le zone più colpite? Monte Mario, la Cassia, la Giustiniana, l’Insugherata, quartieri semi-centrali come la Balduina.

Scorrerie talmente assidue che i residenti delle zone più bersagliate nemmeno ci fanno caso. Si sono stancati anche di postarli sui social.

Per gli ospedali è diverso. Il tema, si diceva, è anche e soprattutto di igiene. Durante gli anni di Raggi, il Campidoglio è riuscito a fare ben poco, anche perché l’ex sindaca ha sempre sostenuto che la competenza fosse «della Regione», ogni volta che le irruzioni si trasformavano in tormentoni web. Al di là delle baruffe politiche, nei palazzi del potere cittadino si è consumato uno scontro ruvido: riunioni su riunioni, trattative, pressing minacciosi. Col risultato, però, del nulla di fatto. Roma Natura, l’ente regionale che gestisce i grandi parchi dove dimorano i cinghiali, ha appena 3 gabbie per catturare gli animali che sconfinano dalle riserve. Tre, per tutta Roma. «Oltre alle segnalazioni - riprende Vrenna del San Pietro – abbiamo anche fatto due denunce. Dopo un rimpallo fra 50 uffici, ci hanno richiamato per chiederci se i cinghiali fossero adulti o cuccioli, se fossero maschi o femmine. A occhio. Dopo 3 giorni si sono presentati per un sopralluogo, ma gli ungulati, quel giorno, non c’erano». 

Non è chiaro dove nasca la passione dei cinghiali romani per gli ospedali. Cosa li spinga nei dintorni dei cassonetti è chiaro: la spazzatura. Tradotto: cibo. Ma fuori dai reparti raramente si trovano scarti, per così dire, appetibili. Anche alla Protezione civile di Roma si sono fatti questa domanda, senza riuscire a trovare una risposta chiara. Misteri dello zoo Capitale. Ora la pratica è passata a Gualtieri, che con Zingaretti, al contrario di Raggi, ha una buona intesa, se non altro per la comunanza di partito. Il sindaco in campagna elettorale ha parlato di una strategia di «contenimento» che passa anche da soluzioni hard, come l’«abbattimento» delle bestie. Anche se al semaforo non passano col rosso. 
 


Ultimo aggiornamento: Martedì 18 Gennaio 2022, 00:19
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