I lavori al tempo del Covid: barbieri e dentisti a rischio, artigiani e agricoltori sicuri
di Diodato Pirone
Coronavirus, stretta su ingressi in Italia: per lavoro massimo 5 giorni, obbligo isolamento al rientro
Coronavirus, orari più lunghi e guanti per fare la spesa in bozza decreto
La nuova classificazione dei rischi sul lavoro è al centro di due studi, uno dell’Inail formulato nell’ambito di una collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, e un altro dell’Inapp, l’Istituto nazionale per le politiche pubbliche che dipende dal ministero del Lavoro.
I CRITERI
Entrambi gli studi adottano un criterio di base: la pericolosità delle attività lavorative dipende da chi è costretto ad avere una interazione fisica con i “clienti” e da chi deve lavorare vicino ad altre persone mettendo a rischio la regola numero uno dell’armamentario anti-covid: stare a un metro di distanza da altri esseri umani.
In particolare l’analisi Inail-Iss suddivite le attività lavorative in tre stadi di rischio: alto, medio e basso. In quota alla fascia ad alto rischio - come accennato - appartengono le attività legate ad una maggiore prossimità fisica: medici e infermieri (ed in particolare dentisti e tecnici odontoiatri); barbieri, parrucchieri ed estetisti; trainer delle palestre; disc jockey; baristi; camerieri; maestri d’asilo e delle elementari. A rischio medio o comunque più gestibile sono considerati i cassieri delle banche e delle Poste; gli impiegati degli uffici pubblici che lavorano con il pubblico; gli operai addetti alle linee di montaggio o che comunque lavorano in squadre. A basso rischio sono invece i lavoratori che possono operare da soli o in ambienti aperti o con scarso afflusso di pubblico e duqnue agricoltori, notai, avvocati (ma non se frequentano i tribunali), chi lavora nel settore delle vendite immobiliari oppure fa lavori di manutenzione come l’idraulico o l’elettricista.
Anche le tabelle elaborate dell’Inapp ricalcano questi criteri di base. «I risultati del nostro studio - si legge nell’analisi Inapp - mostrano che i lavoratori nei settori maggiormente esposti al rischio di malattie e infezioni lavorano prevalentemente in stretta vicinanza fisica con altre persone». In particolare tra i dieci settori con la maggiore esposizione a malattie e infezioni, quelli del settore sanitario – la cui attività vitale in tempi di epidemia non può essere chiaramente sospesa – riportano i valori più alti (vedi la tabella al centro del grafico). Un alto rischio è presente, inoltre, tra i settori dell’istruzione pre-scolastica e degli asili nido, che, al contrario del comparto sanità, figurano tra i settori che hanno temporaneamente interrotto la loro attività.
Tra i primi dieci settori per rischio di prossimità, la situazione si inverte, perché gli insegnanti del settore pre-scolastico e degli asili nido riportano i due valori più alti (tabella in alto), senza per altro avere la stessa possibilità di proseguire il proprio lavoro da remoto come, invece, accade per i loro colleghi del comparto della scuola primaria e secondaria e dell’università.
Ultimo aggiornamento: Sabato 11 Aprile 2020, 13:15
© RIPRODUZIONE RISERVATA