Nel giorno in cui il Veneto registra 21.504 nuovi contagi alla Sars-CoV-2 sfondando così il tetto delle 200mila persone attualmente positive (205.699), il presidente della Regione Luca Zaia lancia l'allarme quarantena: le nuove disposizioni che hanno abolito a partire dallo scorso 1° gennaio l'equiparazione della quarantena alla malattia sono, per il governatore, «un incentivo a non dichiararsi». Ossia: se vengo a contatto con un positivo e per fare la quarantena devo assentarmi dal lavoro senza giustificazione, e quindi senza stipendio, o magari mettermi in ferie, va da sé che ci sarà chi non dirà niente e continuerà ad andare a lavorare. Con la concretissima possibilità di essere però positivo e contagiare mezzo ufficio, i colleghi del reparto in fabbrica, le commesse con cui si sta in negozio. «Questo della quarantena è un problema concreto - dice Zaia -. La mia richiesta al Governo è che si ripristini la vecchia norma che equiparava l'assenza di chi è stato a contatto con un positivo, cioè la quarantena, alla malattia».
LE CURVE
A margine della seduta del consiglio regionale a Palazzo Ferro Fini, ieri Zaia non ha poi nascosto la preoccupazione per il continuo aumento dei ricoveri: «I pazienti adesso sono quasi 1.900 di cui 215 in terapia intensiva». Più che le rianimazioni sono le aree mediche non gravi a dover far fronte alla richiesta di cure: nel giro di 24 ore in Veneto si è passati da 1.592 pazienti a 1.680 (+88). Un dato rilevato anche dal monitoraggio dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali Agenas: se in Italia è stabile al 17% la percentuale dei posti in terapia intensiva occupato da pazienti Covid (era l'11% il 24 dicembre) e in Veneto è addirittura in leggero calo (20%), è salito invece il tasso di occupazione di posti letto nei reparti non gravi: la media nazionale è 26% (+2%) e il dato è in aumento anche in Veneto (24%).
LE PREVISIONI
Finirà mai? Al momento i modelli previsionali danno scenari in peggioramento: «Il picco dei contagi è previsto al 23 gennaio, quello dell'ospedalizzazione al 12 febbraio.
IL DIBATTITO
Il consiglio regionale nel pomeriggio ha poi respinto con 30 voti contrari a fronte di 8 voti favorevoli la mozione presentata da Elena Ostanel (Veneto che Vogliamo) che sollecitava la giunta a distribuire in modo equo, di concerto con le Ulss e i sindaci del territorio, i pazienti Covid in terapia intensiva tra tutte le strutture ospedaliere e assistenziali della regione, al fine di evitare che alcuni ospedali, come quello di Schiavonia nella Bassa Padovana, siano convertiti in via esclusiva a Covid Hospital, con l'effetto di ridurre i servizi ospedalieri di cura e assistenza agli abitanti di quel territorio. L'assessore alla sanità Manuela Lanzarin ha ribadito l'esigenza di dedicare alcune strutture, preferibilmente le più moderne, al ricovero esclusivo dei pazienti Covid: «Siamo in una situazione di emergenza. Mi auguro che a fine gennaio, quando la curva della quarta ondata potrebbe essere in flessione, possano essere ripristinate le funzioni dell'ospedale di Schiavonia. Nel frattempo assicuro che nessuna emergenza e nessun paziente sono stati lasciati indietro». «Si poteva fare ricorso alle strutture sanitarie private convenzionate o alle nuove strutture sanitarie non ancora attivate dalla Regione, al fine di non sguarnire i diversi territori dei servizi sanitari primari», ha replicato la vicepresidente della commissione Sanità Annamaria Bigon (Pd). «Distribuire i pazienti Covid in tutto il territorio - ha ribattuto Alberto Villanova, capogruppo di Zaia Presidente e Lega - bloccherebbe le attività chirurgiche in tutti i presidi e assegnare maggior peso alla sanità privata in Veneto sarebbe contradditorio con gli indirizzi di programmazione sanitaria perseguiti sinora».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 13 Gennaio 2022, 11:05
© RIPRODUZIONE RISERVATA