Via Poma: "Nessuna prova contro Busco".
L'omicidio di Simonetta resta senza colpevoli
di Mario Fabbroni
Anzi. Il verdetto di proscioglimento di Busco emesso dalla Corte d'Assise d'appello di Roma il 27 aprile 2012 risponde alle regole della «congruità e completezza della motivazione» ed ha una «manifesta logicità». Questo perché «non c'è nessuna prova» che il segno sul seno di Simonetta Cesaroni sia dovuto «ad un morso» nè che tale morso sia «attribuibile» a Raniero Busco.
I supremi giudici ricordano che il professor Carella Prada, «l'unico professionista che aveva esaminato il cadavere», «non aveva affatto affermato con certezza che quei segni fossero stati prodotti da un morso; nè in sede di verbale autoptico, nè in sede di escussione dibattimentale». Addirittura la condanna di Busco in primo grado viene definita come «congetturale».
Diversi gli elementi che gli “ermellini” hanno preso in considerzione per avvalorare le loro affermazioni: «l'effettuazione della telefonata da Simonetta a Busco all'ora di pranzo» del 7 agosto 1990, «il contenuto di tale telefonata, la conoscenza da parte di Busco del luogo dove Simonetta lavorava, la spontaneità della svestizione da parte della vittima, l'autore dell'opera di ripulitura della stanza, le modalità e i tempi di tale condotta, il movente dell'omicidio, la falsità dell'alibi da parte dell'imputato».
Insomma, Busco esce definitivamente dalla scena del delitto e dai sospetti che per più di 20 anni ne hanno condizionato l'esistenza. Resta l'amarezza di non aver saputo dare un nome all'assassino di Simonetta: il suo sarà il ”cold case” italiano per eccellenza.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 25 Settembre 2014, 11:37
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