Jobs act, sì alla fiducia in Senato con 166 sì.
A Roma lanci di uova e scontri con la polizia

Jobs act, sì alla fiducia. Renzi: l'Italia cambia A Roma lanci di uova e scontri con la polizia

di Alessandra Severini
ROMA - Via libera definitiva alla delega sul lavoro. Il Jobs Act è legge, nonostante le proteste dell’aula e della piazza, la frattura con i sindacati e i malumori interni al Pd. In piazza la protesta si è trasformata in scontri. Nella manifestazione organizzata da sindacati di base, precari e studenti sono volate uova contro gli agenti che hanno risposto con cariche. Nonostante tutto, il premier Renzi esulta e twitta: «L’Italia cambia davvero. Questa è #lavoltabuona. E noi andiamo avanti».





Con il voto del Senato sul Jobs Act il governo Renzi ha incassato la sua 32ª fiducia. I sì di palazzo Madama sono stati 166, i no 112, un astenuto. La minoranza dem ha votato la fiducia solo «per senso di responsabilità». Dure critiche sono giunte dall’opposizione, con Sel e M5s impegnati a contestare il provvedimento con cartelli esposti in aula: «Jobs Act: ritorno all’800».













Dall’articolo 18 alle nuove regole sui controlli a distanza, dall’estensione degli ammortizzatori sociali al superamento delle collaborazioni coordinate e continuative, le novità previste nel Jobs Act sono tante, anche se bisognerà attendere i decreti delegati del governo per capire come questi principi verranno declinati in concreto. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, assicura che i primi decreti arriveranno già entro fine anno. La priorità sarà data probabilmente al contratto a tutele crescenti, alle modifiche dell’articolo 18 e all’estensione dei criteri per l’accesso al sussidio di disoccupazione anche per i collaboratori. Renzi spera che il Jobs Act funzioni da apripista per le altre riforme ancora in cantiere.

La legge di stabilità comincia oggi l’iter in Senato.
Quasi chiuso l’accordo con le Regioni che hanno accettato - spiega il governatore Chiamparino - «un taglio da 1,5 miliardi al fondo per la salute chiedendo in cambio qualche centinaio di milioni sul trasporto pubblico locale». Più complicato il cammino della legge elettorale e della riforma costituzionale, con i malumori interni a Pd e Forza Italia che rallentano l’iter. Sulle riforme pesa poi la spada di Damocle della scelta del nuovo presidente della Repubblica, che potrebbe rivelarsi la battaglia più difficile per Renzi. Il leader della Lega, Matteo Salvini ha detto di essere pronto a votare un candidato proposto dal Pd purchè «non di parte». Questo potrebbe portare ad un’elezione al primo turno, con i voti di Pd, centristi, Fi e Lega e senza i grillini.

Ultimo aggiornamento: Giovedì 4 Dicembre 2014, 09:14