Immigrati, cittadinanza a chi nasce in Italia
e va a scuola. Sì di Berlusconi, la Lega insorge
A inizio ottobre il premier Matteo Renzi aveva confermato di vuole risolvere il problema dei ragazzi che vanno a scuola e frequentano i loro compagni italiani, parlano la loro stessa lingua ma non sono «uguali». «Pensare ai nostri figli che stanno nella squadra di calcio insieme a bambini che hanno cognomi difficili da pronunciare ma hanno condiviso lo stesso ciclo scolastico e sono collegati ciascuno all'altro da un rapporto di amicizia, non è tema ideologico ma di rispetto che portiamo ai bambini», aveva detto lo stesso Renzi, già a febbraio.
E al festival internazionale di Ferrara si era detto certo che «su questi temi la stragrande maggioranza degli italiani sia straconvinta. Non vedo le difficoltà che c'erano fino a qualche anno fa, legate ad un atteggiamento di paura». «Era una nostra proposta - ha detto oggi Berlusconi - avevamo anche scritto un intervento. Siamo d'accordo e riteniamo che dare la cittadinanza ad un figlio di stranieri sia doveroso quando questa persona ha fatto un ciclo scolastico e conosce la nostra storia».
Parole che però non sono certo piaciute ai leghisti, come testimonia la reazione di Salvini: «l'emergenza del momento non è regalare la cittadinanza o il diritto di voto». L'idea di Renzi è una mediazione tra lo ius sanguinis attualmente in vigore nel nostro Paese (sei cittadino se sei figlio di italiani) e lo ius soli 'puro' su modello americano (sei cittadino se nasci in Italia). Lo «ius soli temperato» non è una proposta nuova: ne aveva parlato già Gianfranco Fini nel 2009, quando era presidente della Camera, e il concetto era stato poi ripreso dagli ex ministri per l'Integrazione Andrea Riccardi - che aveva parlato di 'ius culturae' - e Cecile Kyenge.
Alcune proposte sono approdate in Parlamento negli ultimi anni, ma senza riuscire a trovare il necessario consenso. Della necessità di legare la cittadinanza all'istruzione si è detta convinta anche il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini che due giorni fa a Firenze ha ricordato di aver «parlato diversi anni fa di ius soli et culturae. È dunque un tema che non solo condivido ma che, anche quando avevo altri ruoli, ho ritenuto fondamentale per poter far sì che un giovane straniero nato in Italia o arrivato in tenera età, se compie un percorso di approfondimento, di conoscenza vera dell'identità culturale del Paese sia ritenuto, come è, un italiano a tutti gli effetti».
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Ultimo aggiornamento: Venerdì 24 Ottobre 2014, 12:24