Tiziana, Facebook e i video hard: sentenza entro una settimana
di Marilù Musto
«Basta cliccare il nome e il cognome della ragazza - spiega l’avvocato - e aggiungere una delle tante parolacce che le sono state rivolte prima e dopo il suicidio. Questa è una gogna mediatica senza fine che sta centuplicando il dolore della madre, che vorrebbe solo che non si parlasse più di questa tragica vicenda. E a tal proposito il reclamo presentato da Facebook mi è sembrato inopportuno; mi sarei aspettato un approccio più collaborativo, affinché si arrivasse ad una conclusione che rendesse dignità alla memoria di Tiziana».
Ma Facebook risponde. «Siamo profondamente addolorati per questa tragedia e continueremo a lavorare con le autorità locali, gli esperti e le associazioni per evitare che questi episodi si ripetano. Non permettiamo la pubblicazione di video con immagini di nudo o che espressamente colpiscono persone con l’intenzione di denigrarle o metterle in imbarazzo». È quanto si legge in una nota diffusa da un portavoce di Facebook in merito alla vicenda di Tiziana. «Incoraggiamo gli utenti a utilizzare gli strumenti che la piattaforma mette a disposizione per segnalare contenuti che secondo loro violano le regole. Inoltre, abbiamo bloccato l’accesso all’URL riportato nella decisione del Giudice. La decisione contro la quale abbiamo proposto appello imponeva a Facebook un dovere di sorveglianza generale su contenuti postati dagli utenti, che è in contrasto con le norme vigenti», si legge ancora nella nota. «Non abbiamo chiesto la condanna alle spese e abbiamo detto in modo chiaro alla Corte oggi - conclude la nota - che copriremo le spese legali a nostro carico». Tiziana era stata volta condannata a rimborsare le spese legali a cinque siti - Citynews, Youtube, Yahoo, Google e Appideas - per circa 20mila euro. Per i legali del social network l’ordinanza conteneva errori di fatto e di diritto; in particolare «alla data di presentazione del ricorso, solo un link su quattro era accessibile su Facebook e peraltro senza contenuti a sfondo sessuale», e inoltre «al momento dell’emissione dell’ordinanza non ce n’era nessuno illecito o accessibile». In sostanza «era cessata la materia del contendere».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 6 Ottobre 2016, 10:11
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