Torre Annunziata, sfida del parroco
«Chi ha sbagliato, parli»

Torre Annunziata, sfida del parroco «Chi ha sbagliato, parli»

di Rosa Palomba - Inviata
Torre Annunziata. Affamata di verità. In un'attesa che pesa sulla città devastata dal crollo della palazzina di via Rampa Nunziante. Una città choccata, dispiaciuta e incredula ma non paralizzata. Sembra quasi che vi sia una certezza: qualcuno potrebbe parlare prima ancora che la magistratura faccia luce sulle vendite all'asta e sui successivi acquisti di quegli appartamenti finiti in polvere, pietre e morte. Secondo i residenti qui non c'è un giallo da svelare. Questa volta la tragedia ha nomi e cognomi. Nel mirino dei giudici e in quello degli abitanti di Torre Annunziata, c'è infatti la ristrutturazione dei primi piani dello stabile.

«Chi ritiene di essere colpevole dichiari le proprie responsabilità», ha detto ieri mattina don Ciro Cozzolino dalla sua parrocchia della Trinità. Non parla soltanto di peccati il parroco del quartiere dove vivevano le famiglie Guida, Cuccurullo e la sarta Pina Aprea, le otto persone trascinate nella grande bara di tufo: «A chi sa di aver sbagliato, farsi avanti conviene. Perché dinanzi a una sciagura del genere, tacendo si rischia di essere cancellati dalla società».

Qualcuno dice anche che «potrebbe essere stato un errore umano come ne accadono tanti in ogni parte del mondo», ma vuole i nomi di chi lo ha commesso. Nessuna gogna solo giustizia, dicono. Lungo la strada che sovrasta il mare la gente è radunata dalla fatidica alba di venerdì scorso. Risvegliata dal tonfo del palazzo imploso, confusa dal boato che «sembrava il terremoto». I muri del quartiere si colorano di striscioni e slogan che il tempo sbiadirà, ma potrebbero rappresentare un primo passo verso la rinascita della città a sud di Napoli, dove grosse e diffuse famiglie di camorra la fanno ancora da padrone. Dove il malaffare è ancora un business che sfama migliaia di abitanti rimasti senza fabbriche, senza lavoro, senza soldi. Il chiacchiericcio è sommesso. Anche le voci - autentiche - sulle minacce subìte nella mattinata di ieri da bancarellari e ambulanti già radunati a Boscoreale per la festa di Santa Maria Salome, ruotano come un bisbiglio: «Intimidazioni? Allora vado anch'io a Boscoreale, vado a dare una mano a don Alessandro Valentino. Così vediamo», insiste Don Ciro. Più che una sfida la sua è una promessa. Continuare sulla strada della denuncia. «La camorra ha le ore contate. Perché i cittadini che non vogliono essere contaminati dalla malavita organizzata stanno andando via; i commercianti che non sostengono più la pressione del racket delle estorsioni stanno abbassando le serrande. Alla fine qui resteranno solo le famiglie di camorra», dice il parroco. Che poi lancia un'idea: in chiesa corsi di formazione con i tecnici per imparare a riconoscere le lesioni pericolose che in alcuni casi possono diventare «colpose», appunto.

Alle 19 e 30 la parrocchia della Trinità è piena di persone. Ci sono quelli che sono sempre presenti alla messa della domenica sera. Ma tanti sono giovani, sono qui per partecipare a questa sorta di veglia in attesa dei funerali delle otto vittime del crollo. Hanno chiesto al sindaco Ascione che il rito funebre collettivo si svolgesse allo stadio Giraud. Forse, nei primi giorni di questa settimana. Arriva anche qualche compagno di scuola di Francesca e Salvatore Guida, i fratellini di tredici e otto anni, estratti dalle macerie alle 8 e 30 di sabato. «È inutile aspettare l'esito delle indagini. Noi immaginiamo che nel registro degli indagati ci saranno diversi nomi. Ma che in quel palazzo potesse accadere qualcosa di grave, gli abitanti del quartiere lo sapevano già»: molti sono pronti per partecipare al raduno che alle 21 si svolge a ridosso della palazzina sbriciolata, nella zona balneare della città, quella parte di Torre Annunziata dove impazza la movida ma che adesso è off limits al divertimento.

Ci sono centinaia di persone e poi gli ultrà del Savoia. Stanno raccogliendo fondi per ospitare le tifoserie italiane che vorranno venire qui per assistere ai funerali. «Perché Pasquale Guida era un grande appassionato di calcio ed era molto legato alla squadra della sua città». Sabato mattina il suo corpo è stato recuperato dai vigili del fuoco insieme con quello della moglie Anna Duccio e dei loro bambini, Francesca e Salvatore. Poco dopo è stata trovata anche Pina Aprea, la sarta che in quello stabile viveva da sola. I resti di Giacomo Cuccurullo, di sua moglie e del loro figlio Marco, erano strati estratti il giorno prima. Dodici ore dopo la tragedia. Don Ciro resta in piazza con i suoi fedeli. È qui dal 2011 e di sfide ne ha lanciate tante: «Chi vince deve imparare a condividere. Dobbiamo cambiare la logica perché questa non è vita - dice - Dobbiamo entrare in una mentalità di comunione. Tutti. Le pubbliche amministrazioni, i governi, gli Stati». Poi recita una preghiera tra la folla e chiede un minuto di silenzio. Quando la sera è ormai calata su questo incantevole scorcio del Golfo di Napoli, otto lanterne volano via.
 
 

Ultimo aggiornamento: Lunedì 10 Luglio 2017, 08:26