Scafisti, fino a 15mila euro a migrante dalla Turchia all’Italia: 29 arresti

Operazione della Dda, ricostruita la rotta orientale dei trafficanti d’uomini

Scafisti, fino a 15mila euro a migrante dalla Turchia all’Italia: 29 arresti

di Giammarco Oberto

Tra i settemila e i 15mila euro a persona: è il costo del biglietto della speranza, che assicura di partire, ma non di arrivare. Lo insegnano Cutro e decine e decine di altre tragedie del mare. Eppure ci provano.

È il costo “tutto compreso” per raggiungere il Nord Europa o la Francia dalla Turchia, lungo la rotta del Mediterraneo orientale, che attraversa l’Egeo, la Grecia, lo Stivale e sale verso Germania e Scandinavia. A gestire il lucrosissimo traffico di esseri umani, vere e proprie “agenzie di viaggio” transnazionali, con cellule in ogni Paese attraversato. Tutto è stato ricostruito dalla Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri, che ieri ha tirato le fila di un’inchiesta partita nel 2018 e ha fatto scattare un’imponente operazione che ha portato all’arresto di 29 stranieri, bloccati in Italia e all’estero. Secondo l’accusa sono tutti componenti di una associazione transnazionale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed al riciclaggio del denaro incassato.

Un’operazione complessa che ha visto in campo poliziotti di Sco, Direzione centrale anticrimine, squadra mobile di Crotone, in collaborazione con le squadre mobili di Brindisi, Foggia, Grosseto, Imperia, Lecce, Milano, Torino e Trieste, e con la partecipazione di personale dell’Europol e dell’Interpol. Grazie a tutti gli elementi investigativi raccolti in anni di sbarchi sulla costa crotonese, «siamo riusciti a ricostruire il viaggio dei disperati che da Siria e Asia arrivano in Turchia, da qui vengono portati a Salonicco, in Grecia, e poi sulle coste italiane dove altre organizzazioni li prendono in carico e gli fanno raggiungere la destinazione richiesta» ha spiegato Gratteri.

Il raduno era a Istanbul, nel quartiere di Aksaray, dove i migranti prendevano contatti con i membri della cellula turca che fornivano le informazioni sull’organizzazione e sull’importo da pagare con il sistema hawala, basato su una vasta rete di mediatori.

Versata la prima rata iniziava il viaggio vero e proprio, prima tappa Salonicco. Qui venivano presi in carico dalla cellula greca e pagavano la seconda parte del compenso. Il passaggio successivo proseguiva per Atene per arrivare a Patrasso, luogo di imbarco su velieri - spesso condotti da skipper dell’ex Unione Sovietica - in grado di eludere i controlli in mare delle forze di polizia: negli anni sono stati registrati diversi sbarchi fantasma dove non sono stati rinvenuti né l’imbarcazione né i migranti. In altri casi le imbarcazioni partivano dalle coste turche, soprattutto da Smirne. La destinazione sulle coste calabresi o pugliesi erano concordate preventivamente dalle cellule turche e italiane.

Le cellule italiane organizzavano i viaggi verso Milano o Torino, per poi recarsi a Trieste o Ventimiglia in base alla città del nord Europa scelta come destinazione finale, dietro compenso di circa 500-600 euro. Il confine veniva poi superato a bordo di camion, treni o taxi, in relazione alle disponibilità economiche dei migranti. Chi non pagava l’ultima rata veniva bloccato fino al saldo dell’importo pattuito da parte dei familiari. Per rendere «appetibile» il viaggio a chi era rimasto nel proprio Paese, gli scafisti registravano dei video a bordo in prossimità dell’arrivo nei quali i migranti salutavano i parenti, costretti a decantare la qualità dell’organizzazione. Video come quelli trovati sui cellulari dei migranti sul caicco naufragato il 26 febbraio scorso a Cutro: 94 morti accertati, tra cui 35 minorenni.

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Ultimo aggiornamento: Giovedì 11 Maggio 2023, 07:32
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