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Lo studio ha suddiviso la popolazione sulla base della gravità della malattia (sani, infetti asintomatici e sintomatici, guariti) e considerato i dati epidemiologici dal 24 febbraio al 18 maggio. La ricerca mostra che l'informazione sullo status della malattia nella comunità (in particolare i dati sui ricoverati in ospedale e in isolamento domiciliare) ha avuto un ruolo chiave, determinando non solo attenzione ma allarme sociale e facendo aderire le persone in modo significativo alle restrizioni del lockdown.
La copertura informativa stimata dai ricercatori, veicolata da mass media e autorità, è stata grosso modo dell'80%: le persone sono cioè state consapevoli di circa l'80% dei casi accaduti, contro un 20% che non è arrivato perché i dati non sono stati raccolti o si sono dispersi. Lo studio ha calcolato anche la tempestività delle informazioni: da quando le strutture sanitarie hanno registrato i dati a quando questi sono arrivati ai cittadini, si è stimato che siano trascorsi circa 3 giorni.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 29 Maggio 2020, 15:10
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