Istigazione al suicidio. È questa l’ipotesi di reato contenuta nel fascicolo contro ignoti aperto dalla procura di Lodi per la morte di Giovanna Pedretti, la ristoratrice 59enne che domenica scorsa è stata trovata senza vita nel fiume Lambro. Gli investigatori sono ormai sicuri che la donna si sia tolta la vita volontariamente, tagliandosi le vene prima di entrare nell’acqua fredda del fiume a poca distanza da “Le vignole”, il ristorante di Sant’Angelo Lodigiano da cui tutto è partito. «Il ristorante era la sua vita - ha detto ai cronisti Angela Giulia, la cugina della vittima - Era molto docile, molto buona e anche tutta la famiglia è così. Sempre disponibili. È stata bastonata ma per che cosa, poi? Per delle stupidaggini. C’è chi fa peggio, molto peggio. Però portare una persona al suicidio per certe str...». Lei, come tante persone che conoscevano la Pedretti, è convinta che a ucciderla sia stata la pressione mediatica dovuta alla valanga social che l’ha travolta dopo il caso della recensione di un cliente che si lamentava di essere stato «messo a mangiare di fianco a dei gay e a un ragazzo in carrozzina».
Ora si concentrano proprio su questo commento le indagini dei carabinieri, che hanno chiesto la collaborazione di Google per risalire all’autore del messaggio e dimostrare, nel caso, se davvero la ristoratrice abbia mentito sulla vicenda per farsi pubblicità.
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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 17 Gennaio 2024, 06:40
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