La Cassazione ha messo la parola fine, che i genitori di Martina Rossi hanno tanto atteso. La giovane studentessa genovese non si è suicidata, ma è precipitata dal balcone nel tentativo di sfuggire a una violenza sessuale. A questa conclusione dopo 10 anni sono arrivati i processi. È definitiva la condanna a 3 anni per Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi.
E ora papà Bruno può rivolgersi alla figlia: «Non ci deve essere più nessuno che si possa permettere di far del male a una donna e passarla liscia. Adesso posso dire a Martina che il suo papà è triste perché lei non c'è più, ma anche soddisfatto perché il nostro paese è riuscito a fare giustizia». «Martina - come ha detto il legale della sua famiglia, Luca Fanfani - è morta in conseguenza di un tentativo di stupro, non esiste un'altra verità. Ora la Spagna chieda scusa per come archiviarono dopo tre ore e affittarono la camera». La quarta sezione penale, dopo sette ore di udienza e due di camera di consiglio ha dichiarato inammissibili i ricorsi della difesa dei due giovani aretini, ormai trentenni.
Martina Rossi è morta 10 anni fa a Palma di Maiorca, cadendo dal balcone di un albergo mentre era in vacanza con le amiche. La vicenda processuale è stata lunga, tanto che la pronuncia della Cassazione è arrivata nell'imminenza della prescrizione. Per la procura generale non c'erano dubbi: la sentenza è giusta e va resa definitiva. Secondo la pg Elisabetta Ceniccola la ragazza non si è suicidata, come si è creduto all'inizio, e come vuole la tesi difensiva, ma ha scavalcato la balaustra, finendo di sotto, per sfuggire a una violenza sessuale, e il reato non si è prescritto. Ha chiesto per questo di respingere i ricorsi di entrambi gli imputati.
La sua requisitoria si è soffermata in particolare sulla qualificazione del resto, 609 octies, violenza sessuale di gruppo, e non 609 bis, dalla quale dipendono anche i termini di prescrizione (quello di morte in conseguenza di altro reato è già prescritto ed è uscito dal processo).
Poi, ha ricordato la pg, c'è il fatto che sul corpo della ragazza ci fossero delle lesioni non compatibili con la caduta, i graffi su uno dei due ragazzi, e il fatto che la ragazza non avesse i pantaloncini, che non sono stati ritrovati, ed è «illogico» che fosse andata in giro per l'albergo senza. I due giovani della provincia di Arezzo erano stati prima condannati a 6 anni, poi assolti il 9 giugno del 2020 «perché il fatto non sussiste» dalla Corte d'appello di Firenze che ha dato per buona l'ipotesi del suicidio, ed è stato la stessa Cassazione a riaprire il caso, rilevando errori e sottovalutazioni in quella decisione, e disponendo un processo bis, nel quel poi sono stati condannati ad aprile. A fine agosto il processo era già approdato nuovamente in Cassazione, davanti alla sezione feriale, temendo la prescrizione prima di poter essere trattato dalla sezione competente per materia. In quella sede è stato però calcolato che non dovrebbe scattare prima di metà ottobre.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 7 Ottobre 2021, 21:58
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