Lavoro nei campi: indiani sostituiti da braccianti italiane e richiedenti asilo
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di Bianca Francavilla
Gli indiani Sikh hanno alzato la testa e sono stati sostituiti. Succede nell'agro pontino, terra al centro dell'attenzione ormai da anni per lo sfruttamento dei braccianti agricoli. Gli indiani che da generazioni occupano il territorio lavorando la terra si sono civilizzati: ora conoscono la lingua italiana e soprattutto i diritti. Hanno compreso che essere pagati 600 euro al mese per 12 ore di lavoro al giorno, compresi i sabati e le domeniche, non sono condizioni accettabili e quando gli vengono imposte regole che non condividono protestano. Anche davanti all'ingresso del cancello dell'azienda che gli dà lavoro se non ricevono da mesi lo stipendio. L'anno scorso sono scesi in piazza, a Latina, insieme a Marco Omizzolo di InMigrazione e al sindacato Flai Cgil per far valere le loro condizioni di lavoratori. Ed ecco che al posto degli indiani dai turbanti colorati, sono arrivati i migranti ed i richiedenti asilo ospitati nei centri di accoglienza e le donne italiane provenienti dai paesini della provincia. Il perché è chiaro: a loro stanno bene le condizioni che gli indiani hanno smesso di accettare.