In tempi di Covid anche prendere un taxi (a Milano) diventa un'avventura

In tempi di Covid anche prendere un taxi (a Milano) diventa un'avventura

di Marco Mottolese

E così, come un malato dopo la guarigione, ancora claudicante - e incerto tra altri incerti - prendo un volo e arrivo a Milano, la capitale del nord offesa dal virus e nella sua fierezza atavica. L’osservatorio “Covid telling” non può trascendere dalla analisi di altri luoghi e altri impatti territoriali provocati dallo tsunami virale che ci ossessiona da più di un anno. Così, le più semplici azioni, un tempo banali nella loro ripetitività - prendere un treno o un aereo, un taxi, un bus di lunga percorrenza - diventano avventure vissute con occhi guardinghi. Capisco che l’assuefazione toglie, non dà.

Nelle zone d’attesa osservo gli sguardi di chi parte (le mascherine hanno posto al centro del nostro orizzonte gli occhi delle persone come se solo la vista fosse al riparo dal pericolo) ; salendo scalette e cercando spazio ai bagagli percepisco un’attenzione collettiva per i piccoli gesti che prima non rilevavo, come se ora tutto fosse fragile, pronto a incrinarsi all’improvviso. Il percorso è nuovo pur essendo sempre lo stesso e abbiamo bisogno di un Virgilio che ci offra una mano non per non sbagliare ma che sia spalla rassicurante in quel luogo raggiunto e che non è il nostro.

Nel mio caso, per affrontare il ritorno alla realtà di un viaggio di lavoro – quelle trasferte finalizzate, frenetiche, che non sempre lasciano tracce (momentaneamente soppresse e sostituite dai collegamenti su zoom) - scelgo come sherpa verso la nuova normalità i taxisti che, sul retro delle loro automobili, allestiscono casting bonsai con attori (noi) che rappresentano per essi il film del lento ritorno a quello che era. ( I tassisti sono un po’ l’altra faccia del paniere ISTAT, lo strumento statistico per rilevare i prezzi al consumo di beni e servizi per valutare l’inflazione. Loro, se ci parlate, sono sempre fotografia e fotografo del momento).

- Dove va? - Verso il centro, grazie, andando le dico l’indirizzo esatto ( I taxi a Milano sono diversi da quelli di Roma, per qualche ragione si viaggia su auto più grandi, più accessoriate, come se per navigare nella capitale lombarda fossero necessari maggiori comfort)

- Tornato a viaggiare? - Sì, era ora… ( mentre rispondo realizzo che siamo tutti un po’ “nudi” di questi tempi, scoperti, predisposti a raccontare i fatti nostri o farci “indovinare”)

- Lei dice che ce la stiamo facendo?

- Io credo di sì (mi piace sembrare ottimista anche se non capisco se fosse domanda provocatoria)

- Guardi, lo chiedo un po’ a tutti i clienti da qualche giorno, soprattutto se li prendo in stazione o all’aeroporto. Chi viene da fuori ha un punto di vista che mi interessa.

- Io vengo da Roma, lì la gente pensa che ce la stiamo facendo ( un bel modo di spossessarmi della responsabilità della risposta, parlare a nome di tutti)

- A Roma sapete sempre come cavarvela, da millenni. Ne avete viste tante. Qui a Milano gli imprevisti ci danno fastidio, mica è facile scrollarseli dalle spalle. In questa città tutto deve filare liscio (lo sento il pizzico di orgoglio ferito della tassista) appena c’è un granello nell’ingranaggio perfetto non si capisce chi lo deve eliminare. Voi a Roma gestite bene il caos, qui a Milano noi siamo per l’ordine. Se ci invertiamo è la fine.

- Forse ha ragione lei, a Roma è più semplice subire, c’è una certa predisposizione. Ma non creda che tutto sia filato liscio (cerco di rassicurarla sul fatto che, sebbene Milano e regione all’inizio della pandemia siano state additate come aree fallibili e anche sfortunate, non si pensi che a Roma si sia andati avanti a baccanali, come se ci fosse ancora Caligola)

- Sa che io ho un sogno, diciamo così, professionale? Mi piacerebbe per un giorno fare la tassista a Roma e offrire la mia auto ad un collega della Capitale. Insomma sa quando ci si scambia le case in città diverse per fare vacanze come se si abitasse davvero in quel posto e quella fosse casa propria? Sarebbe bellissimo per me, tanto col navigatore la memoria dei tassisti non serve più. (A me vengono in mente i neri cab londinesi, con tassisti proverbiali che in una sterminata metropoli conoscevano anche il più sconosciuto mews periferico… chissà quanta capacità di memoria è andata perduta nella capitale londinese da quando non serve più conoscere le strade a memoria, era come se quella sapienza se la passassero di padre in figlio, tassisti nel dna)

- E’ una bellissima idea, davvero, perché non la lancia? Le offro un titolo cinematografico: “una giornata particolare” peraltro ha a che fare con Roma, che poi non sarebbe particolare solo per voi che vi scambiate -non dico i ruoli - ma il set, ma sarebbe interessante anche per noi clienti: pensi sentire a Roma un tassista che parla milanese e a Milano un romano che deve guidarti al Duomo.

- Dunque ho avuto una bella idea? Mi aiuta lei? Mi pare che ci capisce di queste cose. (Ora la tassista vuole titillare la mia benevolenza e magari tirarmi dentro, nel frattempo manda al diavolo un ciclista e sprezzante fulmina con gli occhi un monopattino elettrico …) siamo troppi sulla strada, due gambe, due ruote…le strade sono fatte per farci stare sopra quattro ruote, chi ne ha di meno deve andare altrove.

- Impossibile la convivenza secondo lei? ( dico e mi pento subito di averlo detto, è un tema complicato e rissoso, a Milano più che a Roma che ci passa sopra, forse in virtù di quella atavica capacità di accettazione?)

- La convivenza è sempre difficile, guardi.

Non le dico con mio marito poi …( sono felice, ha deciso di scherzare e di non prenderci troppo sul serio) Poi noi il lockdown lo facciamo tutti i giorni dentro le nostre auto e accogliamo al massimo un paio di persone per volta, diciamo una solitudine a intermittenza e quando sale una persona, mi creda, non vediamo l’ora di parlare un po’. Meglio una che due, che se sono due a noi non ci filano, parlano o litigano tra loro. Quando stiamo due ore in un parcheggio, e di questi tempi accade, sa quanti pensieri arrivano? Noi tassisti siamo costretti dalla vita ad essere filosofi, non per scelta ma per necessità. Anzi, filosofi mentre aspettiamo e sociologi mentre facciamo la corsa. Oddio, conosco anche uno che lo chiamiamo il tassista zen, quando aspetta medita, dice che stacca i fili , non vede e non sente. Per farlo muovere quando è il suo turno il collega successivo gli deve suonare il clacson da dietro, quello apre gli occhi e va. Mi chiedo se il cliente che prenderà rischia qualcosa (e ride come una matta).

- Mi piace l’idea di un tassista zen (e mentre lo dico fuori c’è Milano che mi sfila davanti nella sua bellezza chiusa, ritrosa, che la scopri solo se sai parlarle, rivolgerti a lei con il giusto tono)

- Guardi dottore, mi scoccia che sia arrivato questo maledetto virus ( ormai siamo quasi al mio indirizzo e mi dispiace), ma glielo posso dire che ci siete mancati voi clienti e non solo per il tassametro, mi creda, ma perché ci mancavano queste chiacchiere, questi pezzetti di vita che ci scambiamo per pochi minuti. A me piace il teatro, ecco, ogni tanto mi pare di stare a teatro qui dentro. Un brevissimo atto unico con due protagonisti. (Oddio non ci avevo mai pensato, ma io questa tassista l’adoro!).

- Lo sa che ha ragione? Mi piace questa idea. Le dispiace se ne scrivo ?

- Lo immaginavo che lei scrivesse, io giornalisti, scrittori, attori, li scopro subito. Fate tutti finta che non vi importa nulla di quello che vi diciamo e invece siete ladri provetti. Una volta uno scriveva su un foglietto, gli chiedo “che scrive” e lui “ quello che ci stiamo dicendo” , e io “ma certo, scriva tutto quello che crede, se le sono stata utile sono contenta”.

(Esco dal taxi, Milano è abbagliante, una giornata di sole come non se ne vedevano da tempo. E’ tutto in moto di nuovo. I profeti del nuovo corso sono i miei amici tassisti, da sempre i primi a percepire i cambiamenti. Sono sonde del corso del tempo. Mi sento all’estero, non so, l’emozione del primo viaggio di riapertura, la sensazione di essere solo ma nella moltitudine, i passanti sembrano tutti ripetere come un mantra: “la vita è bella”. Ripenso al tassista zen, mi piacerebbe un giorno fare una corsa con lui).

- Pago. Grazie, magari ora che si viaggia di nuovo ci capita un’altra corsa insieme.

- Si, ma siamo tanti dottore, se capitasse di nuovo mi chiami pure “gratta e vinci”.

- Non mettiamo limiti alla provvidenza. E metta in pratica le sue idee, che sono bellissime. Chiudendo la portiera mi accorgo che ha un profilo bellissimo. Invidio chi farà la sua prossima corsa.


Ultimo aggiornamento: Domenica 23 Maggio 2021, 09:04
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