«Conduco la cantina di famiglia dagli anni Settanta – racconta – periodo in cui decisi di non vendere più vino sfuso. Una scelta difficile per l’epoca, osteggiata da tutti e piena di rischi. Così, dopo aver imbottigliato tutto quello che potevo, ho poi prodotto il primo Barbera da uve appassite della regione: era il 1975 e nasceva il Passum, un vero apripista per la tipologia perché non era un vino dolce ma secco». Ancora oggi il Barbera è, insieme al Moscato bianco, l’uva principale dell’offerta di Cascina Castlèt, 240mila bottiglie dai 30 ettari di vigneto, tutte di certificata origine e appeal, cui si aggiungono Chardonnay, Cabernet sauvignon e Uvalino. Varietà scomparsa quest’ultima, antica, coltivata e riscoperta solo da queste parti, il cui vino, spiega Borio, «era tradizionalmente considerato il più prezioso di tutti: la bottiglia da regalare al medico, all’avvocato, al farmacista. Grazie a studi e ricerche ho voluto riscoprirlo per dargli nuovamente lustro: è un’uva ricca di polifenoli, sorprendentemente resistente alle malattie e, soprattutto, solo nostra».
Non solo vini di territorio, ma anche tutela ambientale.
Tutt’intorno alle vigne, infatti, sin dal 1995 sono stati installati numerosi nidi artificiali per fornire agli uccelli locali dei giacigli dove riprodursi, con grandi vantaggi nel contenimento degli insetti nocivi e dei danni da essi causati. Un altro bell’esempio di come vino e ambiente possano e anzi debbano marciare sempre insieme, nel segno della qualità e dell’identità di ogni singola bottiglia.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 30 Aprile 2020, 06:00
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