Milano, torture nel carcere minorile: arrestati 13 agenti

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Un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 13 agenti della Polizia Penitenziaria, 12 dei quali tuttora in servizio presso l'Istituto penale minorile «Cesare Beccaria» di Milano, nonché la misura della sospensione dall'esercizio di pubblici uffici nei confronti di ulteriori 8, anch'essi tutti in servizio, all'epoca dei fatti, è in corso di esecuzione da parte della Polizia di Stato e della Penitenziaria. I reati a vario titolo contestati dalla Procura sono maltrattamenti, concorso in tortura, e una tentata violenza sessuale nei confronti di un detenuto.

 

Anche un tentato stupro

Tra i reati contestati a vario titolo dalla Procura della Repubblica di Milano nell'indagine che ha portato, stamani, Polizia di Statto e Polizia Penitenziaria ad eseguire 21 misure cautelari, 13 delle quali in carcere, nei confronti di agenti penitenziari del carcere minorile Beccaria di Milano, c'è anche quello di tentata violenza sessuale, secondo le prime informazioni per un singolo caso. In un comunicato dell'autorità giudiziaria si precisa infatti la contestazione di «una tentata violenza sessuale ad opera di un agente nei confronti di un detenuto».

 

L'inchiesta nata da omissioni su torture

Nasce dalle presunte omissioni nelle torture ad un 17enne nell'agosto del 2022, per cui, poi, erano stati arrestati tre giovani, l'inchiesta della Polizia e della Penitenziaria, coordinata dal pm di Milano Rosaria Stagnaro, che ha portato in carcere 13 agenti di Polizia penitenziaria dell'istituto di pena minorile Beccaria di Milano e al altre misure cautelari nei confronti di altri otto, su ordinanza del gip Stefania Donadeo. Un fatto, quello delle torture ai danni del 17enne, che lo scorso marzo ha portato alla condanna con rito abbreviato ad 8 anni per un 19enne ivoriano, Gnagne Lath, detto 'Nesco', con già un precedente per tortura alle spalle e che era stato arrestato in passato in un'inchiesta sulla crew dei trapper Simba La Rue e Baby Gang.

 

L'arresto di "Nesco" e il presunto depistaggio

Lath fu arrestato nel dicembre 2022 per tortura, violenza sessuale di gruppo e lesioni perché, assieme a due minori, inflisse ad un 17enne, che era detenuto con i tre giovani nel carcere minorile Beccaria, «con crudeltà" gravi «e reiterate violenze» e un «trattamento inumano e degradante». Tra l'altro, già nelle motivazioni della sentenza si parlava di un oggetto usato per le torture dai giovani, sequestrato ma sul quale non erano state rinvenute «tracce ematiche».

Nel processo, scriveva il gup Cristian Mariani, si è ventilata anche «la probabilità" di «una manovra di 'depistaggio', finalizzata a rimuovere i sospetti di omesso controllo da parte degli agenti di turno la notte dei fatti». Inoltre, da quanto si è saputo, le indagini hanno preso le mosse anche a seguito degli accertamenti, coordinati per questa tranche dal pm Cecilia Vassena, dopo le evasioni di sette minorenni dal Beccaria la sera di Natale dello scorso anno.

 

La condanna di Lath

Il 19enne Lath è stato condannato il 7 marzo scorso a seguito delle indagini del pm Stagnaro, condotte dalla Squadra mobile, e dopo l'arresto su ordinanza del gip Guido Salvini. Il giovane, tra l'altro, è stato ammesso dal giudice Mariani, come richiesto dal suo legale, l'avvocato Niccolò Vecchioni, al percorso di giustizia riparativa, a cui ha dato l'ok anche il pm. Le violenze ai danni del 17enne erano avvenute all'interno dell'istituto di pena minorile il 7 agosto 2022, quando l'ivoriano era ancora detenuto al Beccaria e da pochi giorni era diventato maggiorenne. Era scattata, poi, l'ordinanza d'arresto, mentre sui due presunti complici ha proceduto il Tribunale per i minorenni.

 

Le presunte torture a un 17enne

La sera del 7 agosto 2022, come emerso dagli atti di quel processo, «avvicendandosi nella sorveglianza della porta della cella e nell'inflizione delle sevizie», dopo aver sorpreso la vittima «nel sonno» durante il cambio turno del personale penitenziario, i tre avrebbero sottoposto il 17enne ad una serie di abusi sessuali, con morsi e anche una sigaretta spenta sul volto. La vittima delle violenze, che aveva denunciato, ha messo a verbale che «quanto patito gli aveva fatto riaffiorare alla mente i maltrattamenti subiti durante il viaggio affrontato dalla Libia per raggiungere l'Italia». Racconti, poi, confermati anche in un incidente probatorio dal giovane, parte civile nel processo.

Nella nuova inchiesta che ha portato oggi all'arresto degli agenti vengono contestate, dunque, anche le presunte condotte omissive su questi fatti: alcuni agenti non sarebbero intervenuti per bloccare le torture e avrebbero ripulito l'oggetto sequestrato per nascondere ciò che era avvenuto.

 

Sala: carcere abbandonato per anni

«Su quello che è successo al carcere minorile Beccaria di Milano non posso ancora esprimere giudizi precisi. Però un giudizio più generico lo esprimo, cioè che il Beccaria é stato abbandonato per anni e anni, senza una direzione». Lo ha detto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, commentando l'inchiesta su torture e violenze nel penitenziario minorile a margine dell'evento con i sindaci della Pianura padana per la Giornata della Terra. «Per cui é chiaro che certe cose possono succedere. Possono, ma non dovrebbero. Vedremo cosa uscirà da questa indagine», ha concluso.

 

Sindacato Uilpa: sgomenti e increduli

«Le notizie che provengono dall'Istituto Penale per Minorenni Cesare Beccaria di Milano, con appartenenti alla Polizia penitenziaria arrestati e sospesi con pesantissime accuse, ci lasciano sgomenti e increduli. Naturalmente, nutriamo incondizionata fiducia negli inquirenti, fra cui la stessa Polizia penitenziaria, e nella magistratura e auspichiamo che si faccia presto piena luce sull'accaduto. Nondimeno, richiamiamo la presunzione d'innocenza e speriamo, in cuor nostro, che gli appartenenti al Corpo coinvolti riescano a dimostrare la correttezza del loro operato». Lo afferma in una nota Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria.

De Fazio prende spunto dalla vicenda per richiamare l'attenzione sulla «disfunzionalità del sistema d'esecuzione penale», che «non garantisce né custoditi né custodi e, anzi, incattivisce le coscienze generando e alimentando violenze e atrocità, talvolta, da ambo le parti delle inferriate». «Ora ascolteremo i soliti discorsi da politici e governanti, ma spenti i riflettori tutto tornerà come prima» afferma il sindacalista che invoca " riforme immediate e un decreto carceri, con procedure d'urgenza, per mettere in sicurezza il sistema» perchè «tra suicidi, 32 fra i detenuti e 4 fra gli agenti dall'inizio dell'anno, omicidi, violenze e sofferenze di ogni genere, non se ne può più". Al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la Uilpa chiede di evitare «almeno questa volta, le passerelle» e di aprire «immediatamente un confronto serio», assicurando il proprio «contributo d'analisi, idee e proposte».

 

Sindacato polizia penitenziaria: no alla gogna

«I provvedimenti di custodia cautelare in carcere nei confronti di 13 agenti della Polizia Penitenziaria, in servizio presso l'istituto penale minorile «Cesare Beccaria» di Milano, e la misura della sospensione dall'esercizio di pubblici uffici nei confronti di ulteriori 8 dipendenti dello stesso corpo di polizia, sono fatti gravissimi riferiti ad una vicenda gravissima che richiede la massima attenzione per ricostruire quanto realmente accaduto. Ma prima di mettere alla 'gogna' i colleghi è il caso di ricordare che il procedimento si trova ancora nella fase delle indagini preliminari e la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata solo con sentenza irrevocabile di condanna». Lo afferma Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato Polizia Penitenziaria, che invita a riflettere «prima che si ripeta quanto già successo in altri casi simili, magari pubblicando informazioni e foto sugli indagati, con campagne di stampa contro l'intero Corpo», ma nello stesso tempo ribadisce «senza se e senza ma che una volta accertate le responsabilità chi ha sbagliato paghi».

Per il sindacalista però «sinora a pagare sono sempre e solo gli agenti e il personale penitenziario. Nello sfacelo generale del nostro sistema penitenziario è sin troppo facile prendersela con l'anello più debole della catena. Non riusciamo infatti ad intravedere alcun segnale, figuriamoci intervento, nel merito della gestione del personale penitenziario confusa ed inadeguata ad affrontare le situazioni di emergenza». «Abbiamo ascoltato da tempo promesse di nuove assunzioni per incrementare l'organico di personale sempre più stressato per turni massacranti e quotidiano lavoro di sacrificio, di un direttore e di un comandante del Corpo in ogni carcere, come di misure per tutelare il personale dalle continue aggressioni, senza però alcun provvedimento concreto», sottolinea ancora Di Giacomo, che torna a chiedere al governo di sostituire l'attuale capo del personale del Dap.


Ultimo aggiornamento: Lunedì 22 Aprile 2024, 11:45
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