Rom incinta picchiata perché non voleva rubare, arrestati due nomadi. Lei vive in una casa protetta, il figlio nato prematuro

Rom incinta picchiata perché non voleva rubare, arrestati due nomadi. Lei vive in una casa protetta, il figlio nato prematuro

di Luisa Urbani

Sacir e Sabira Sejdic. Sono due dei componenti della banda di rom che due settimane fa ha aggredito Meri Secic, la 39enne croata, incinta all'ottavo mese, che aveva deciso di cambiare vita e non rubare più. Aggressione per la quale i due sono stati arrestati dalla polizia con l'accusa di estorsione e rapina aggravata in concorso. Lui 20 anni e lei 24, ora sono stati trasferiti in carcere, mentre le indagini proseguono.

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CACCIA AI COMPLICI

Secondo quanto raccontato dalla vittima, e come testimonia il video dell'aggressione diventato poi virale sui social, a picchiare la donna sono state almeno tre persone. Una spedizione punitiva - secondo Secic organizzata da un certo Raoul - che sarebbe partita dal campo nomadi di Castel Romano. Informazioni sulle quali la polizia sta ancora facendo accertamenti. Era stata la stessa donna, dal suo letto di ospedale dove era stata ricoverata per le lesioni subite, a rivelare agli investigatori i nomi, con tanto di foto, del presunto mandante e dei presunti aggressori. Due dei quali appunto sono stati poi individuati dagli agenti del commissariato Viminale e quindi condotti in carcere. Il numero dei coinvolti, dunque, potrebbe aumentare.
Nel frattempo la donna - insieme al piccolo che aveva in grembo il giorno dell'aggressione poi fatto nascere d'urgenza con un parto cesareo - è stata dimessa dal Policlinico Umberto I pochi giorni fa. Ora vivono, nascosti, in una casa il cui indirizzo è segreto per volontà della stessa vittima, che è ancora profondamente terrorizzata per quello che ha subito.
«Io e Nino, così ho deciso di chiamarlo, siamo usciti dall'ospedale e quindi sicuro stiamo meglio. Ma non posso dire che stiamo bene. Lui - racconta Secic - ha avuto dei problemi alla mano che comunque si sono risolti e io invece dovrò tornare in ospedale per fare delle visite perché probabilmente dovrò operarmi». I lividi sul volto e sul corpo della 39enne infatti sono ancora evidenti. «Quel giorno il mio unico pensiero era salvare Nino e per questo - prosegue - ho tenuto sempre le mani sulla pancia. Da qui il motivo delle tante ferite al volto: era l'unico punto che potevano colpire. Ero a terra e per impedire loro di picchiarmi sul ventre mi sono nascosta sotto i sedili della metro. Ma non smettevano», ricorda la 39enne mentre mostra le foto del suo piccolo appena nato. Quel piccolo che per diverse ore ha temuto di perdere.

I FATTI

I fatti risalgono allo scorso 5 aprile. È venerdì pomeriggio, sono passate da poco le 17, alla fermata della stazione Termini c'è il solito caos di passeggeri. Un viavai di gente che viene interrotto dalle grida della donna che, a terra, urla e si lamenta per i calci che sta ricevendo da un gruppetto di persone. Lei cerca di difendersi, ma loro continuano: vogliono farle capire chi comanda e ribadirle che non deve smettere di rubare. Un passeggero prova a scendere dalla metro, che nel frattempo è arrivata alla fermata di Termini, per cercare aiuto, ma i malviventi glielo impediscono. Mentre altri viaggiatori, spaventati, si dileguano, un altro passeggero riprende la scena con il cellulare. La banda lo scopre e scappa via. Ma il filmato resta, e varrà poi acquisito dalla polizia che proprio grazie a quelle immagini è riuscita a prendere i primi due presunti responsabili.
Ultimo aggiornamento: Domenica 21 Aprile 2024, 07:31
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