RIETI - Richieste di rinvio a giudizio per i due imputati nel processo per il crollo dell’Istituto “Opera pia padre Giovanni Minozzi” di Amatrice dove - sotto le macerie, la notte del sisma del 24 agosto 2016 - persero la vita sette persone, tre suore e quattro ospiti della struttura. Partita ieri l’udienza preliminare davanti al Gup del tribunale di Rieti, Riccardo Porro, con le richieste di rinvio a giudizio formulate dai pm Edoardo Capizzi e Luana Bennetti contestualmente alla costituzione delle parti civili (prossimi congiunti delle vittime) rappresentate dagli avvocati Wania Della Vigna e Guido Felice De Luca, che hanno anche avanzato richiesta di citazione in giudizio del responsabile civile, l’Opera nazionale per il Mezzogiorno d’Italia, quale ente proprietario dell’edificio crollato e responsabile, in qualità di committente dei lavori ai quali la struttura era stata sottoposta in epoca precedente al sisma dell’agosto 2016. Richiesta rispetto alla quale il Gup Porro si è riservato di decidere.
I passaggi. Una lunga digressione quella della pm Bennetti che, in particolare, si è soffermata sulla posizione del progettista e direttore dei lavori Ivo Carloni (difeso di fiducia dall’avvocato Emanuele Vespaziani) a partire dal crollo dell’edificio religioso. «Dopo il sisma dell’Aquila del 2009, dietro richiesta di verifica di stabilità strutturale del plesso, era stato interdetto l’accesso all’intero secondo piano – ha ricordato la pm – tanto che si arrivò, nel maggio del 2009, a un’ordinanza del sindaco Fedeli per la chiusura della chiesa del Santissimo Crocifisso e del secondo piano». L’Opera nazionale commissionò poi a Carloni il progetto per la rimozione delle condizioni di criticità: «Lavori rapidi, inadeguati e insufficienti - ha proseguito la pm Bennetti - durati complessivamente meno di 16 giorni e che portarono poi, previo sopralluogo tecnico, alla conferma dell’eliminazione delle condizioni iniziali di pericolo.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 21 Aprile 2022, 00:10
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