Giuseppe Conte ha ormai capito che per provare ad arginare Matteo Renzi, disinnescare il malumore di Nicola Zingaretti e arrivare a un «chiarimento» con Luigi Di Maio, deve andare a vedere le carte dei “soci” di maggioranza. Così nei prossimi giorni il premier incontrerà uno ad uno i leader e poi, prima che Renzi possa aprire la crisi una volta approvata la legge di bilancio, stringere un «nuovo patto di governo e di legislatura». Questa volta la tecnica del rinvio, del muro di gomma, non può funzionare. Tanto più che l’avvocato cova il timore che il Pd sia solleticato dall’idea di andare a elezioni in primavera, prima del semestre bianco (per l’elezione del nuovo Capo dello Stato) che scatterà il 4 agosto.
Lo schema che ha in testa il premier - che non è disposto a rinunciare alla cabina di regia per il Recovery plan, ma è pronto a discutere della riallocazione dei 209 miliardi tra i vari progetti e capitoli di spesa - è quello di una crisi pilotata per dar vita a un Conte-ter. Con dentro due vicepremier. «Ma dovranno chiedermelo». La cosa infatti all’avvocato non piace, ma è rassegnato a subirla. Il primo dovrebbe essere Di Maio, il secondo Zingaretti. Però il segretario dem resiste (non vuole lasciare la Regione Lazio), perciò avanza l’ipotesi di Dario Franceschini o di Lorenzo Guerini. E un ministro in più (Ettore Rosato, difficilmente Renzi) per Italia Viva e forse per il Pd.
L’apertura della crisi, anche se pilotata, però rischia di essere un salto nel buio.
Quella del voto anticipato non è solo una minaccia. Zingaretti (sarebbe lui a scrivere le liste elettorali) e i colonnelli dem la stanno valutando in queste ore nel caso «Renzi andasse fino in fondo». «Nello scontro con la destra, come hanno dimostrato le elezioni regionali, i voti vanno al nostro partito», dice un altro ministro del Pd, «e si farebbe l’accordo nei collegi maggioritari con i 5Stelle e Italia viva, se ci sta. E visto che è probabile che non vinca nessuno, nel dopo voto si metterebbe su un esecutivo tecnico o istituzionale che realizzerà il Recovery plan. Ma sarebbe un peccato...».
Renzi, che preferirebbe un governo guidato da Mario Draghi e dice di non voler fare il ministro, non chiude la porta al Conte-ter. Preferirebbe però replicare la maggioranza rosso-gialla con un altro premier: Zingaretti o Di Maio. Ma teme che Conte stia lavorando segretamente per sostituire Italia viva con Forza Italia o con un drappello di transfughi forzisti: «Gli bastano 15 voti in Senato», ha confidato ai suoi. «Le elezioni? Non ci crede nessuno».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 14 Dicembre 2020, 07:56
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