Conte e lo "stallo" con Renzi, si allontana la crisi di governo a Natale

Conte e lo "stallo" con Renzi, si allontana la crisi di governo a Natale

di Mario Ajello

Non ci sarà una crisi di governo a Natale. E molto probabilmente non ci sarà neppure dopo. Gli scenari apocalittici disegnati in questi giorni si sono smosciati con l’arrivo del weekened. Ed è per questo che Matteo Renzi, il pilota della voglia di crisi, il rottamatore di Conte dopo averne propiziato il governo bis, così veniva descritto nelle stanze del Nazareno - quartier generale del Pd - ieri sera: «Sembra quel personaggio dell’Audace colpo dei soliti ignoti che sacramentava: m’hanno rimasto solo ‘sti quattro cornuti!».

Conte e lo spettro della crisi: il premier avvia la verifica. Dal Pd altolà a Renzi: no alternative al voto

I dem

I quattro cornuti sarebbero proprio loro, quelli del Pd, che trovano Conte troppo arrogante, hanno goduto nel vedere Renzi che gli grida contro in Senato e vorrebbe abbatterlo, ma al momento di scegliere tra Matteo e Giuseppe non hanno dubbi: tutti con il primo e nessuno con il secondo (tranne qualche renziano rimasto tra i dem) e il trio Zingaretti-Orlando-Gualtieri, ha chiamato tutti all’ordine: Renzi faccia pure il Renzi ma noi siamo per la continuazione di questo governo, nessun «Papeete natalizio» insomma (come da felice espressione del vicesegretario Orlando) e di va avanti così.  L’importante, dicono in casa Pd, è che Conte abbia capito il messaggio («Deve essere più umile», come dice il capogruppo Delrio), deve sentirsi di meno il Re Sole o il Re Solo, coinvolgere, confrontarsi, non umiliarci, accettare se non un rimpasto almeno una verifica e si vada avanti così. Con il cerino acceso che resta tra i polpastrelli di Renzi e se si vuole bruciare si bruci lui. 

Lo scenario

Se il presidente Mattarella non molla Conte (e non lo sta mollando affatto, anche se lo vorrebbe più fattivo sui vari dossier), se l’Europa ancora crede in lui ed è a lui che ha dato i 209 miliari del Recovery Fund, difficilmente il capo del governo può essere defenestrato da Palazzo Chigi e infatti non lo sarà. Anche perché c’è una pandemia da sconfiggere, una campagna vaccinale da far partire, un’economia da ricostruire e a tutti stanno pensando gli italiani tranne che ai giochi di Palazzo e alla crisi di governo.  Perfino nei 5 stelle, non in tutti ma quasi, questa consapevolezza realistica sembra essere dominante. Come s’è visto in Senato mercoledì scorso nel voto sul Mes. E tuttavia, perduta la sponda Pd, adesso è su Di Maio che si accentrano le mire di Renzi. Convincerlo di poter tornare a Palazzo Chigi come vicepremier, o magari addirittura come numero uno, blandirne le vanità («In confronto a Conte, Di Maio è uno scienziato della politica», parola di Matteo), coinvolgerlo nell’operazione ribaltone: ecco come il leader di Italia Viva si sta rapportando al leader (di fatto) di M5S. Il quale però si fa blandire e con Conte ha un pessimo rapporto ma al momento ha un altro obiettivo, una diversa priorità improrogabile: l’elezione del nuovo direttivo del Movimento, che gli serva per continuare a dirigere M5S fingendo che sia una leadership collegiale. 

Le prospettive e l'opposizione

Dunque, la crisi - o pre-crisi, o crisi virtuale, o crisi di fatto o vattelappesca - non solo non ci sarà sotto l’Albero di Natale o nei mancati cenoni di Capodanno ma anche la Befana non porterà il carbone del tracollo all’inquilino di Palazzo Chigi, forte della sua estrema debolezza ma anche della sua inamovibilità. Della quale sono convinti anche la Meloni e Salvini.  Per questo il capo della Lega ha deciso in queste ultimissime ore di cambiare strategia di gioco.

Non più evocare la spallata, che tanto è impossibile, non più aizzare le piazze, in quanto in tempo di pandemia ogni assembramento è un cluster e gli si può ritorcere contro, ma proporsi come il vero alter ego di Conte: tu capo della maggioranza, io capo dell’opposizione, vediamo se ognuno dal proprio campo e senza minimamente amarci riusciamo a trovare qualche accordo sul Recovery e sulla ricostruzione italiana. A cominciare dalla campagna per i vaccini. La quale sarà per Conte, non brillantissimo in questa seconda fase di lotta al virus, anzi confuso e in preda a una sorta di sindrome monarchica che è quella che irrita il Pd, la vera prova del nove delle sue capacità di guidare il paese in questo frangente così complicato. 

La posizione di Renzi

Dunque la guerra Renzi-Conte è già finita e ha vinto l’avvocato del popolo, il Camaleconte, il furbo inquilino di Palazzo Chigi non amato da nessuno ma sopportato da quasi tutti? In realtà Renzi avrebbe in mano la carta per abbattere il rivale. Ossia togliere l’appoggio di Italia Viva al governo, facendolo finire in minoranza al Senato. Ma avviare un percorso del genere significherebbe far correre il pericolo a tutti, e a Italia Viva anzitutto, di scivolare verso le elezioni.  E in Senato, come a Palazzo Madama dicono tutti in tutti i partiti, qualche voto centrista o berlusconiano per tenere in piedi l’attuale esecutivo - senza annunciare un cambio di maggioranza, senza squilli di tromba, senza aprire una crisi formale, applicando la discreta tecnica dell’aiutino sotto banco per tirare a campare fino al 2023 - si troverebbe al volo. E così i media parlano di sconquassi, i retroscenisti dei giornali si esercitano in ogni tipo di esercizio politico e fantapolitica, ma la realtà dei fatti parla di una situazione di fatto bloccata o al massimo passibile di qualche piccolo aggiustamento che potrà chiamarsi verifica o chiarimento o approdo di Conte a un minimo di disponibilità in più ad ascoltare a coinvolgere, cominciando dalla squadra che dovrà occuparsi del Recovery Fund, e la nave Italia continuerà ad andare avanti così, come nel bene e nel male ha fatto finora. Ma occhio agli scogli perché nel mare della Ricostruzione ce ne saranno perfino di più di quelli già visti durante l’Emergenza.


Ultimo aggiornamento: Sabato 12 Dicembre 2020, 12:17
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