IL QUADRO
TREVISO Oltre mille contagi in 24 ore. È il momento più duro.

IL QUADRO
TREVISO Oltre mille contagi in 24 ore. È il momento più duro. Ieri nella Marca sono emerse 1.077 nuove positività al coronavirus. Non erano mai state tante in un colpo solo. Più di 15mila trevigiani stanno combattendo contro l'infezione da Covid. E purtroppo si allunga anche la scia dei lutti. L'ultimo bollettino regionale registra 26 nuovi decessi. Solo ieri hanno perso la vita 16 persone. Nove, tra gli 84 e i 91 anni, erano state ricoverate in ospedale proprio in seguito al contagio. La somma fa impressione. In nove mesi e mezzo di epidemia quasi 700 trevigiani, esattamente 698, hanno perso la vita dopo essere risultati positivi al Covid. Più della metà dall'inizio di settembre ad oggi. Tra le vittime anche Giovanna Zampol, 88 anni di Treviso, rimasta vedova dopo la morte del marito, il generale dell'esercito Nicola Pullano. Risiedeva nella struttura Casa Mia di Dosson ma da alcuni giorni, dopo essere risultata positiva al Covid, ricoverata all'ospedale Ca' Foncello dove è deceduta ieri mattina. Ad aggiungersi alla tremenda lista di decessi anche il nome di Narciso Sfoggia, 88 anni di Montebelluna, imprenditore e fondatore di aziende specializzate nella fabbricazione di macchine agricole oltre che gestore, per diversi anni, dell'agriturismo le Campagnole sulla presa 10 del Montello. Presidente negli anni Ottanta dell'Unione ciclisti trevigiani, si è spento all'ospedale di Montebelluna.
IL MONITO
«Con questi numeri, dopo due mesi, siamo messi male. Purtroppo non c'è lo stesso rispetto delle misure di prevenzione contro la diffusione del virus che si vedeva a marzo. Se non si cambia passo, rischiamo di avere un nuovo picco nel mese di gennaio avverte Carlo Agostini, direttore della Prima medicina del Ca' Foncello, docente dell'Università di Padova e riferimento per l'intero corso di laurea in Medicina e chirurgia della sede di Treviso c'è ancora tanta gente in giro senza mascherina. Ci sono assembramenti vari, in particolare tra i giovani. Questi ultimi, poi, diffondono il virus in famiglia. Così l'epidemia non si ferma. Spero che la popolazione capisca. Alla luce di numeri attuali, però, ho veramente paura che la gente ormai sia stanca di applicare le regole e che inizi a vederle come una limitazione della libertà non più sopportabile. Ma se non vengono applicate, i risultati purtroppo sono questi». La seconda ondata del coronavirus non è alle spalle. Anzi.
I RICOVERI
Negli ospedali trevigiani sono ancora ricoverati più di 450 pazienti Covid positivi. Tra questi, 42 sono in Terapia intensiva. I posti letto ci sono. Ma anche per quanto riguarda la Rianimazione si è tornati a toccare il livello più alto mai raggiunto. L'equipe del professor Agostini è stata sostanzialmente divisa in due: un gruppo di internisti segue una quarantina di letti Covid e il resto rimane impegnato nel reparto di Medicina di Treviso, dove vengono dirottati anche i pazienti di Oderzo dopo l'apertura dell'area Covid pure in quell'ospedale, per continuare a rispondere alle necessità di chi ha altri problemi di salute. «Non ce la facciamo più. Ormai siamo distrutti: non abbiamo nemmeno mezza giornata di pausa rivela il direttore il personale è ai minimi termini. Ci auguriamo con tutto il cuore che non ci sia una terza ondata. E chiediamo ai cittadini di fare tutto il possibile per scongiurarla».
IL CONFRONTO
La seconda, intanto, è stata decisamente più pesante della prima. A dirlo, in modo netto, sono i decessi legati al Covid: da febbraio ad agosto ce ne sono stati 333, da settembre ad oggi 365. «Attualmente ci sono più infettati, più ricoverati e, inevitabilmente, più decessi rispetto alla prima ondata è l'analisi di Agostini tutto dipende dai numeri. Sappiamo che una quota tra il 15 e il 20% dei positivi viene ricoverata in ospedale. Una parte di questi arriva in Terapia intensiva. E il 50% di chi entra in Rianimazione, non essendoci ancora nulla di definitivo per quanto riguarda la cura, purtroppo perde la vita». Il Covid, poi, ha anche un rovescio della medaglia. Gli ospedali sono stati costretti a ridurre le attività non urgenti. Gli interventi chirurgici, in particolare, sono stati rallentati per recuperare anestesisti da dirottare nelle unità di Terapia intensiva dedicate proprio al coronavirus. «Si fanno quasi solo le urgenze. E anche questo avrà un impatto sulla mortalità totale della popolazione» conclude Agostini.
Mauro Favaro
(hanno collaborato Michele Miriade e Laura Bon)
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Ultimo aggiornamento: Domenica 13 Dicembre 2020, 05:04
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