Ilva, ora Conte pensa a un decreto e rilancia la vecchia cordata. Renzi punta su Acciaitalia
Ilva, ArcelorMittal lascia Taranto. Conte: «Nessun motivo che giustifichi il recesso». Vertice mercoledì a Palazzo Chigi
LA GUERRA
Il sospetto, che il ministro Patuanelli esplicita, è che la mancanza dello scudo penale venga accampato dall'azienda per ottenere tagli produttivi o occupazionali, ma che il vero obiettivo sia mollare l'ex Ilva.
La decisione della multinazionale arriva a palazzo Chigi e si sovrappone alla tensione esistente nella maggioranza sulla manovra di bilancio. Il gabinetto di guerra, che in pochi minuti si sposta dal Mise a palazzo Chigi, vede intorno ad un tavolo il presidente del Consiglio, i ministri Patuanelli, Speranza e Provenzano. Il cambio di amministratore delegato, deciso dalla multinazionale poche settimane fa aveva acceso un campanello di allarme, ma la lettera di ArcelorMittal è durissima non solo nella parte dove lamenta la mancanza dello scudo penale promesso da Di Maio quando era ministro dello Sviluppo economico, ma anche quando evoca i provvedimenti del tribunale penale di Taranto che obbligano i commissari straordinari di Ilva a completare talune prescrizioni entro il 13 dicembre di quest'anno. Incertezze politiche e giuridiche evidenti, visto che il governo Renzi mette lo scudo penale, l'esecutivo Di Maio-Salvini lo leva con il decreto crescita e l'attuale prima lo mette nel decreto-imprese, ma poi è costretto a soprassedere per l'opposizione di un gruppetto di senatori grillini guidati dall'ex ministra Barbara Lezzi. Un togli e metti che disorienta anche se Conte sostiene di aver sempre dato rassicurazioni alla multinazionale franco-indiana e di volerne dare anche oggi.
Resta il fatto che ieri, nel corso del summit a palazzo Chigi, si è anche ripresa l'idea di rimettere insieme la vecchia cordata che a suo tempo contese lo stabilimento di Taranto ad ArcelorMittal: Arvedi, Jindal, Delfin e Cassa Depositi e prestiti. Una telefonata ieri pomeriggio è partita in direzione di Giovanni Gorno, presidente di Cdp, ma il governo non brilla per chiarezza mentre Italia Viva chiede a Conte, come le opposizioni, di presentarsi in aula. Senza scudo penale per gli amministratori, con un mercato in crisi e i dazi americani, ci possono essere buone ragioni per sfilarsi, ma ciò che sconcerta è gli investitori sono le retromarce grilline, le ritorsioni degli ex ministri pentastellati e un Pd che di recente, al Senato, si è schiacciato sulla linea grillina senza neppure pretendere un provvedimento ad hoc.
L'AREA
Eppure che ArcelorMittal stesse cambiando passo l'avevano intuito il sindacalista della Cisl Marco Bentivogli e Matteo Renzi da sempre scettico sulla volontà di ArcelorMittal di investire a Taranto. Ora Conte tenta di accelerare i tempi anche a costo di mettere alla porta già oggi la multinazionale che, secondo un ministro, potrebbe chiedere per restare «un fortissimo taglio occupazionale e la chiusura dell'area a caldo». A tutti gli effetti un disastro per l'alleanza giallorossa già alle prese con una manovra di bilancio ancora da definire e da approvare in Parlamento.
Il vero problema è che non si comprendono le intenzioni del M5S. Ieri, mentre il Pd si è ammutolito, dal fronte grillino sono risuonate molto battagliere le dichiarazioni dell'ex ministra Lezzi che continua a minacciare battaglia in difesa di un quartiere di Taranto, ma nulla dice sui diecimila lavoratori dell'ex Ilva che da ieri dormono sonni molto meno tranquilli.
Ultimo aggiornamento: Martedì 5 Novembre 2019, 13:12
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