Coppia dell'acido, il vero obiettivo dell'agguato
in aula: "Così sono riuscito a salvarmi" -Foto

Il vero obiettivo della coppia dell'acido: "Così mi sono salvato"
«Ho visto quella ragazza sotto casa mia, era sotto la pioggia. Aveva una felpa chiusa fino agli occhi e dei cerotti sul naso per camuffare il suo aspetto, ma quando eravamo di fronte uno all'altra, l'ho guardata negli occhi e ho capito che cosa stava per succedere». È iniziata così la drammatica testimonianza di Giuliano Carparelli, il fotografo di moda scampato a una serie di aggressioni con l'acido delle quali sono accusati Alexander Boettcher e la compagna Martina Levato.



Il racconto si riferisce alla sera del 15 novembre 2014, quando il fotografo è riuscito a schivare il primo lancio per una casualità, proteggendosi con l'ombrello che aveva con sé per via della pioggia battente. «La ragazza - ha detto - aveva tra le mani un contenitore con l'acido. L'ho capito dalla consistenza del liquido e dall'odore, oltre che dall'aspetto». Subito, «me lo ha lanciato contro, ma io sono riuscito a proteggermi con l'ombrello. Poi sono scappato e lei ha tirato fuori uno spray antiaggressione. Nel frattempo mi sono accorto che dietro di me c'era una ragazzo e anche lui aveva lo spray», ma «sono riuscito comunque a salvarmi».



Giunto stamane per la prima volta nell'aula del tribunale di Milano dove si sta svolgendo il processo al broker, il giovane ha raccontato ai giudici come sia cambiata la sua vita dopo quelle esperienze: «Non sono più tranquillo, ho sempre paura che qualcuno mi segua. Sono diventato sospettoso». Poi ha chiarito le modalità con le quali è stato agganciato: «Ho saputo che qualcuno mi stava cercando dal tribunale di Milano».



In particolare, era stata una zia residente a Fasano, in Puglia, a ricevere una telefonata da una donna che diceva di essere l'assistente di un giudice e di cercarlo per via di una inchiesta su un presunto scambio elettorale nel quale era stato usato il suo nome. «Ho richiamato quella persona - spiega Carparelli - fornendo i miei dati e il mio indirizzo».
Ed è così che gli aggressori hanno potuto pianificare gli agguati. Il primo in via Bixio, poi andato fallito, il 15 novembre.




Poi il 26 novembre, con la scusa di dovergli recapitare un pacco, dandogli appuntamento per ritirarlo in via Pacini. In questa occasione, in particolare, «dal momento che avevo già subito un tentativo di aggressione e che la portiera del mio stabile mi aveva avvisato di aver visto due persone con indosso delle parrucche stazionare davanti al palazzo, avevo timore che si potesse trattare di una trappola», racconta.







Così «ho chiamato alcuni amici che mi hanno accompagnato sul posto con la loro auto. E ci siamo portati anche i caschi delle moto, per proteggerci il viso». Non solo, «nella telefonata del presunto corriere, mi era stato detto di andare entro le 17.30, ma che se avessi fatto tardi mi avrebbero comunque aspettato». Proprio «questa circostanza mi è sembrata talmente strana che ho deciso di agire con particolare cautela». Quindi, non trovando poi nessuno a quell'indirizzo, «siamo andati via». Carparelli precisa poi di non aver saputo più nulla, fino all'arresto della coppia: «Quel giorno - dice - ho ricevuto diversi messaggi dai miei amici che avevano visto gli articoli che riguardavano l'arresto di Martina Levato e Alexander Boettcher. Alcuni hanno allegato le foto dei due e io li ho riconosciuti subito». E quando il difensore del broker gli ha chiesto se fosse in grado di riconoscere uno dei suoi aggressori nell'uomo che assisteva dentro alla gabbia degli imputati, ha risposto deciso: «Si lo confermo, è lui».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 14 Ottobre 2015, 19:19
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