Ora Gennaro sta rientrando a Bitonto e dice che a Dacca, «probabilmente, non tornerò mai più». «Li aiutiamo e li sovvenzioniamo dal 1970 e questo è il ringraziamento che abbiamo». «Non sono mai stato razzista - dice - ma dopo questo episodio credo che lo diventerò». «La mia famiglia, ho tre bellissimi figli - spiega Gennaro - mi ha chiamato preoccupata per avere mie notizie. Li ho rassicurati e poi ho chiamato la Farnesina per avvisare che stavo bene».
«Non ce l'aspettavamo. È stato un fulmine a ciel sereno. La cosa che mi sconvolge è che a colpire siano stati bengalesi di buona famiglia, benestanti e istruiti», continua. Gennaro, che da tre anni è a Dacca con la sua azienda tessile, spiega all'ANSA che «i bengalesi sono molto dispiaciuti per quello che è accaduto: sanno benissimo che aiutiamo i loro figli, conoscono bene le centinaia di volontari tra cui medici che aiutano il loro popolo». Gennaro dice che conosceva le vittime italiane: «Ci conoscevamo tutti - spiega - abbiamo fatto insieme molte cene, eravamo amici».
Ora, però, prosegue Cotugno, «siamo stanchi: anche un italiano mio amico che lavora lì da 25 anni ha detto che non sa se resterà ancora in Bangladesh».
Quanto alle voci circolate sui social, di chi ha accusato gli italiani di andare in Balgladesh per sfruttare la manodopera a basso costo, tra cui bambini, Gennaro evidenzia che «i bambini vengono più che altro sfruttati dalle famiglie di bengalesi che sono povere, ma dalle aziende assolutamente no».
Ultimo aggiornamento: Martedì 5 Luglio 2016, 13:15
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