L'inchiesta a Parigi: armi, complici e kamikaze, tutti i misteri di venerdì 13

L'inchiesta a Parigi: armi, complici e kamikaze, tutti i misteri di venerdì 13

di Renato Pezzini
dal nostro inviato

BRUXELLES
Ne cercano due, armati. O forse otto. Qualcuno dice addirittura dieci. L’incertezza della polizia belga è conseguenza delle zone d’ombra che offuscano la ricostruzione dell’attacco del 13 novembre. Ancora non è stato appurato quanti jihadisti sono effettivamente entrati in azione a Parigi, quanti i fiancheggiatori, quante le armi a loro disposizione. E il timore che una parte del commando sopravvissuta ai «suicidi» possa prepararsi a nuove azioni - con nuove complicità – si fonda proprio sulle lacune dell’indagine parigina.



IL NUMERO DEI TERRORISTI

Erano tre i terroristi nel Bataclan; tre quelli dello Stade de France. Tutti morti suicidi. Tre erano anche quelli che hanno sterminato i clienti di quattro ristoranti fra il X e l’XI arrondissement, ma solo uno, Ibrahim Abdeslam, è morto facendosi esplodere in boulevard Voltaire. Gli altri due si sono allontanati sulla Seat nera. Chi erano?



IL COMANDANTE ABAAOUD

Uno è quasi certamente Abdelhamid Abaaoud, il comandante operativo. È stato individuato dalla videosorveglianza della metropolitana un’ora dopo le stragi alla fermata di Montreuil, poco distante dal luogo in cui è stata trovata la Seat nera. Su uno dei kalashnikov trovati sui sedili sono state rilevate le impronte di Abaaoud, a conferma della sua partecipazione alle stragi dei ristoranti. L’uomo, 28 anni nato e cresciuto a Molenbeek (sobborgo di Bruxelles) e poi arruolatosi nell’Isis in Siria nel 2013, è stato ucciso mercoledì nell’appartamento-covo di Saint Denis (periferia nord di Parigi) insieme con la cugina Hasna Aitboulahcen (che avrebbe avuto soltanto il compito di affittare il covo) e un terzo terrorista non ancora identificato che ha azionato una cintura esplosiva.



IL TERZO UOMO

È possibile che questo terzo terrorista del covo di Saint Denis fosse anche il terzo uomo degli attacchi ai ristoranti? Improbabile. Per almeno due ragioni. La prima: un paio di testimoni delle sparatorie ne hanno data una descrizione univoca: «Alto, capelli biondi, occhiali tondi». Un europeo, si potrebbe pensare. Mentre il locatario del covo di Saint Denis assicura che con Abaaoud e la cugina c’era una persona di «evidenti origini arabe».



La seconda ragione: le impronte sui kalashnikov trovati nella Seat nera dicono che le armi sono state usate da Ibrahim Abdeslam (suicida in boulevard Voltaire) da Abaaoud (ucciso dalla polizia a Saint Denis) e da uno uomo non presente negli archivi criminali che, sulla base dei rilievi scientifici, non è lo stesso che si è fatto esplodere a Saint Denis. E che dunque probabilmente è ancora vivo.



LA RIVENDICAZIONE

Nel primo messaggio di rivendicazione, diramato 24 ore dopo l’attacco, l’Isis fa riferimento a «otto martiri», mentre fino a quel momento i terroristi suicidi erano solo sette: tre al Bataclan, tre allo Stade de France, uno in boulevard Voltaire. Inoltre viene elencato un quarto attentato nel XVIII arrondissement. Che non c’è mai stato. Qualcun altro doveva compiere un’azione poi annullata? E chi?



IL MISTERO SALAH

Proprio nel XVIII arrondissement è stata abbandonata una Clio nera. E’ l’auto – noleggiata a nome di Salah Abdeslam – che due giorni prima delle stragi faceva parte del convoglio di tre vetture entrate in Francia dal Belgio: la Seat usata per le stragi ai ristoranti, la Polo abbandonata al Bataclan, e la Clio, appunto. Sul volante di quest’ultima auto c’erano le impronte di Salah. Perché l’ha portata lì? Doveva fare qualcosa che non ha fatto? Era solo o c’erano complici?



LA FUGA

Dopo l’una di notte Salah ha chiamato due amici a Molenbeek (la città in cui abita) che si sono precipitati a Parigi e lo hanno riportato in Belgio. I due - Hamza Attou e Mohamed Amri – sono stati arrestati. Tuttavia non sarebbero legati al gruppo di jihadisti: per loro Salah era un amico, compagno di bravate e di serate tossiche. Perché il fuggitivo si è rivolto a semplici amici e non alla rete di terroristi? C’è l’ipotesi tranquillizzante di un suo ripensamento in corso d’opera ma la polizia, comprensibilmente, non può dare troppo credito a questa eventualità fino a quando non lo avrà catturato.



Hamza Attou ha raccontato in un interrogatorio che Salah durante il viaggio non aveva armi. Era nervoso: «Ho avuto l’impressione che sotto il giubbotto potesse avere una cintura esplosiva». E’ questo che la polizia belga sta cercando: l’ottava cintura esplosiva citata dall’Isis e mai scoppiata. E che Salah potrebbe avere con sé.



IL COVO MANCANTE

Nella preparazione degli attentati i fratelli Abdeslam avevano affittato due camere d’albergo a Alforville (sud di Parigi) e un monolocale a Bobigny (zona nord). A Alforville il personale dell’hotel dice che erano in quattro; la padrona di casa di Bobigny ha parlato di tre occupanti. Sette in totale. Dove hanno alloggiato gli altri due (o tre) non si sa, ma è possibile che ci fosse una terza base logistica non individuata. Inoltre, camere e monolocale erano stati affittati per sette giorni, dall’11 al 18 novembre. Per quale ragione se gli attentati erano previsti per il 13?



I COMPLICI

In Turchia, due giorni fa, è stato arrestato Ahmed Damani, un belga non registrato negli archivi dei soggetti pericolosi. E’ sospettato di aver dato un supporto logistico agli attentatori di Parigi e di aver ispezionato gli obiettivi da colpire. A Molenbeek invece Abraimi Lazez è in carcere accusato di aver dato supporto a Salah e in casa sua sono state trovate delle armi. Inoltre, non c’è idea di chi possa aver assistito due kamikaze dello Stade de France, probabilmente due siriani entrati in Europa a ottobre con il flusso dei profughi sbarcati in Grecia. Esiste insomma una rete di complicità che ha permesso ad alcuni uomini del commando di rimanere al sicuro fra la Francia e il Belgio nelle settimane prima degli attentati. Ed è una rete quasi di dimensioni sconosciute, in buona parte da individuare.



IL PERICOLO INCOMBENTE

Due terroristi in fuga: Salah Abdeslam e il terzo uomo delle sparatorie ai ristoranti. Un base logistica ancora da individuare. Una cintura esplosiva ancora in circolazione. Una estesa rete di complicità. Sono questi gli elementi che spingono le autorità belghe a parlare di «pericolo concreto e imminente».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 23 Novembre 2015, 14:20