Putin, il cerchio magico dei fedelissimi si spacca dopo l'attentato a Mosca: «Sbagliato accusare Kiev»

Si parla soprattutto di rappresentanti delle alte sfere economiche e politiche. Uomini che sono rimasti vicini al presidente anche durante tutto il corso della guerra in Ucraina, ma che questa volta starebbero cercando di far desistere lo zar dal perseverare in questa caccia

«Sbagliato accusare Kiev». Il cerchio magico dei fedeli di Putin si spacca dopo l'attacco a Mosca

di Lorenzo Vita

 Seguire la “pista ucraina” per l’attacco a Mosca, serve al presidente russo Vladimir Putin soprattutto per aumentare la pressione su Kiev e la Nato. E la chiusura del Cremlino all’Occidente preoccupa le cancellerie atlantiche. Il rischio è stato avvertito anche dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ieri, a “Fuori dal coro”, ha chiarito che si deve «essere muscolari nei fatti e non negli atteggiamenti» e di non avere condiviso le parole usate da Emmanuel Macron sulle truppe a Kiev, perché «sono convinta che si debba fare attenzione ai toni che si usano». «Se non molliamo - ha continuato la premier - costringiamo Putin a sedersi a un tavolo delle trattative per cercare una pace giusta». E l’aumento dei raid missilistici sull’Ucraina (come quello di ieri a Kharkiv) dimostra che le intenzioni del leader russo, almeno per il momento, sono chiare.

L’escalation in Ucraina parallela all’attacco alla Crocus City Hall sembra avere una sua perversa logica. Non aiuta la conta delle vittime. Il bilancio potrebbe essere ancora più grave dei 140 morti accertati - di cui 84 identificati - dal comitato investigativo russo. Secondo Baza, media russo vicino ai servizi di sicurezza di Mosca - citato dal Guardian - altri 95 nomi non compaiono nelle lista ufficiale delle vittime: si tratta di persone i cui familiari non sono riusciti a entrare in contatto con loro dalla sera del 22 marzo. Se dovessero risultare tra le vittime, il bilancio supererebbe i 230 morti. Ma la strage di Mosca ha esecutori noti e una rivendicazione palese: quella dell’Isis-K. Eppure, dalle prime ore successive all’attacco negli apparati russi è iniziata a circolare ed essere alimentata un’altra pista.

Quella che arriverebbe direttamente a Kiev e che è stata ribadita con forza dal segretario del Consiglio di sicurezza nazionale, Nikolai Patrushev, e dal capo dei servizi di sicurezza, Alexander Bortnikov.
Lo scenario unirebbe il nemico della “guerra esistenziale” scatenata da Putin con quello del terrore islamista. Anche ieri, alcuni deputati della Duma e personalità pubbliche legate al sistema putiniano hanno firmato un appello rivolto al Comitato investigativo della Federazione Russa affinché indaghi sui legami tra Stati Uniti, membri della Nato e Ucraina per «atti di terrorismo» compiuti nel Paese. E tra le dichiarazioni dei firmatari, serpeggia anche la possibilità di un coinvolgimento dell’Isis. Ma se il capo del Cremlino sembra intenzionato a trovare ossessivamente un indizio che giustifichi le accuse rivolte a Kiev e all’Occidente, non tutti nella cerchia dello zar sarebbero d’accordo con questa manovra. A rivelarlo sono state alcune fonti dell’agenzia Bloomberg, secondo le quali il presidente russo si troverebbe ad affrontare una certa resistenza da parte di diversi esponenti dell’élite della Federazione. Si parla soprattutto di rappresentanti delle alte sfere economiche e politiche, ma anche di fedelissimi del leader del Cremlino. Uomini che sono rimasti vicini al presidente anche durante tutto il corso della guerra in Ucraina, ma che questa volta starebbero cercando di far desistere Putin dal perseverare in questa caccia.

Che a molti osservatori appare come un nuovo tentativo di rafforzare il sentimento anti-ucraino nell’opinione pubblica.

 

DIVISIONI INTERNE

Per Maria Zakarova, portavoce del ministero degli Esteri russo, la notizia di divisioni interne sarebbe la «madre di tutte le fake news». Eppure, le rivelazioni di Bloomberg sulle divergenze nel “cerchio magico” del Cremlino sembrano avere delle prove anche nelle stesse dichiarazioni del presidente e dei suoi collaboratori. Putin, che, come ha raccontato ieri il portavoce Dmitry Peskov, «non ha dormito tutta la notte, la notte dell’attacco al Crocus City Hall» per lavorare, ha dovuto ammettere che gli autori fossero terroristi islamici. Ha rilanciato la tesi della presunta fuga dei terroristi verso il territorio ucraino. «È necessario rispondere alla domanda: perché dopo aver commesso il crimine i terroristi hanno cercato di andare in Ucraina? Chi li aspettava lì?», si è domandato pubblicamente Putin. Ma poi è stato lo stesso alleato Aleksandr Lukashenko a smentirlo dicendo che in realtà l’auto su cui viaggiavano gli uomini dell’Isis era diretta in Bielorussia, e solo in un secondo momento ha fatto rotta verso l’Ucraina. Solo due giorni fa, lo stesso Peskov, che è la voce di Putin con la stampa (e con il mondo), ha fatto capire che fosse troppo presto per parlare di una reazione contro Kiev. «Un’indagine è ancora in corso. Non sarebbe corretto fare speculazione in questo momento», ha detto il portavoce del Cremlino riferendosi al presunto coinvolgimento ucraino. E se ancora non si può parlare di una frase che scagiona completamente l’Ucraina agli occhi dello zar, di certo è una dichiarazione che prova a non mettere benzina sul fuoco. Tanto più in una fase in cui non mancano le accuse verso Kiev e il blocco occidentale. 


Ultimo aggiornamento: Venerdì 29 Marzo 2024, 09:01
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