Pasquale Panuzzo, l'italiano che ha scoperto il buco nero più grande della Via Lattea: «Era lì da 10 miliardi di anni ma era impossibile vederlo»

Cinquantadue anni, di Reggio Calabria, ha messo il suo timbro sull'eccezionale scoperta: «Una di quelle che capitano una volta nella vita»

L'astronomo calabrese Pasquale Panuzzo: «Ho scoperto così il buco nero più grande della Via Lattea. Era lì da 10 miliardi di anni»

di Valentina Panetta e M. I.

Un buco nero da record, il più grande della via Lattea con una massa 33 volte più grande del Sole, si nascondeva a 2 mila anni luce di distanza dalla Terra. A scoprirlo, da Parigi, è stato uno studio guidato dall'italiano Pasquale Panuzzo del Centro nazionale Francese per la ricerca scientifica. Cinquantadue anni, di Reggio Calabria, ha messo il suo timbro sull'eccezionale scoperta, «una di quelle che capitano una volta nella vita», come lui stesso ama ripetere. Gaia BH3, così è stato battezzato, è stato trovato nell'ambito della missione Gaia dell'Agenzia Spaziale Europea, che ha visto la collaborazione anche dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, dell'Agenzia Spaziale Italiana, delle Università di Catania, di Torino e di Padova e della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste. 

Perché ci troviamo difronte a una scoperta eccezionale?

«Sappiamo che le stelle più massicce del nostro Sole, alla fine della loro breve vita, alcuni milioni di anni, formano delle esplosioni che chiamiamo Supernove e che creando dei buchi neri. In quanto neri questi buchi sono difficili da scovare. Nonostante pensiamo che ce ne siamo centinaia di milioni nella nostra galassia, ne conosciamo soltanto una ventina, e quello scoperto è il più grande.

La massa e il tipo di stella da cui è originato sono le particolarità di questo buco nero. Si tratta di una stella a bassa metallicità, molto povera in tutto ciò che non è idrogeno e elio. Ci aspettiamo che solo questo tipo di stelle possa formare dei buchi neri così massicci. E quello scoperto è il primo e l'unico che conosciamo di questo tipo».

Perché è difficile scoprire un buco nero?

«Una volta che si è formato, il buco nero non emette più luce. Quelli scoperti finora sono stati individuati perché avevano una stella vicina a cui riuscivano a rubare materia che, cadendo nel buco nero si riscaldava e produceva luce soprattutto nei raggi X. Con la missione Gaia invece riusciamo a trovare altri tipi di buchi neri, come questo, che chiamiamo dormienti».

Cosa significa buco nero dormiente?

«Di solito i buchi neri hanno vicino una stella a cui rubano della massa e questa massa cadendo nel buco si scalda ed emette dei raggi X. Noi vediamo il buco nero proprio attraverso l'emissione di questa materia. Ma ci sono anche buchi neri, i dormienti appunti, come quello scoperto, che sono lì a dormire e a far niente. Sono virtualmente invisibili e riusciamo a scovarli solo tramite l'orbita di una stella che ci gira attorno. Di questi tipi di buchi neri Gaia ne ha già scoperti due negli ultimi anni. Questo terzo è di gran lunga il più interessante perché ha una massa molto grande, più di 30 volte quella del Sole. E' un record di massa per un buco nero nella nostra Galassia».

Buco nero da record (grande 33 volte il Sole) scoperto nello Spazio. Il ricercatore: «Mai visto così vicino»

Cosa sappiamo ora che prima non sapevamo?

«Finora avevamo visto buchi neri di questa massa soltanto attraverso le onde gravitazionali con i telescopi gravitazionali LIGO e Virgo. Ma si trattava sempre di buchi neri in galassie lontane, e poi il segnale delle onde gravitazionali è sempre un segnale debole ed era quindi difficile misurare con esattezza la loro massa. Fino ad oggi non avevamo una controparte nella nostra galassia.

Questo è il primo caso. Si tratta di una conferma delle onde gravitazionali. Abbiamo trovato degli equivalenti che ci permettono di fare un confronto con quello che vediamo nelle altre galassie. Il tipo di buco nero trovato ci dice che alcuni modelli teorici che utilizziamo sono corretti, è una specie di chiusura del cerchio».

Da quanti anni questo buco nero era nascosto nella nostra galassia?

«Quello scoperto è una specie di unicorno, di grande massa. Ha una serie di particolarità ed è un oggetto unico per molti aspetti. La sua stella compagna è una stella a bassa metallicità e ce ne sono molte poche così. Ha un'orbita molto particolare, gira dentro la galassia in controsenso rispetto alle altre stelle e sembra che faccia parte di un gruppo di stelle accresciuto, inglobato dalla nostra galassia circa 10 miliardi di anni fa». 

Come possiamo immaginare il suo centro?

«La relatività generale ci dice che tutta la materia finisce in un solo punto. Che cosa ci sia esattamente in quel punto però non lo sappiamo. Rimane un mistero». 

Qual è stata la sua prima reazione davanti alla scoperta? 

«Lavoro nella missione Gaia e ho modo di vedere in anteprima i dati. Mentre lo facevo sono incappato in questo oggetto particolarissimo. Quando l'ho mostrato ai miei colleghi sono tutti saltati sulla sedia. Hanno subito capito che fosse una scoperta rilevante. Ho avuto grande fortuna a trovarlo. E' una di quelle scoperte che si fanno una volta nella vita».

All'improvviso una popolarità che non avrebbe mai immaginato

«Sto ricevendo mail da colleghi di tutto il mondo. I colleghi esterni sono affascinati da questo risultato e c'è grande eccitazione. Lo scopritore degli altri due buchi neri della missione Gaia mi ha mandato un messaggio con scritto  "wow". Una grande soddisfazione. I miei genitori non ci sono più ma sarebbero stati molto fieri. Le mie sorelle lo sono ma non è semplice spiegare bene come funzionano queste cose particolari». 

Pasquale Panuzzo all'Osservatorio di Parigi

Un orgoglio italiano

«Ho studiato Astronomia a Padova e Trieste, poi mi sono trasferito in Francia per amore, per seguire mia moglie e sono diventato a metà tra un ingegnere e un ricercatore. E' un orgoglio esser arrivato fin qua e poter dire "è stata una lunga avventura". Non avrei mai pensato quando ero ragazzino per le vie di Reggio Calabria che sarei finito un giorno su tutti giornali. L'Italia in generale è molto presente nella missione Gaia, ci sono circa cento italiani su 450. La comunità astronomica italiana è diventata molto importante. In Gaia io sono vice responsabile del trattamento dei dati dello spettrometro e insieme a una collega, anche lei italiana, coordiniamo in Europa un team di circa 40 persone».

La missione Gaia potrà riservarci altre sorprese? 

«Ci vorranno un paio di anni per rilasciare i nuovi dati che stiamo man mano analizzando. Rispetto all'ultima volta ne avremo il doppio e saranno processati con algoritmi più precisi e performanti. Stiamo già facendo analisi più sofisticate. Non saprei dire cosa ma troveremo altri buchi neri e sicuramente altre sorprese come quella di oggi. E' il tipo di scoperta che dà senso a una carriera. Quando sognavo da ragazzino di fare l'astronomo sognavo proprio di trovare oggetti come questi. Lavorare per la missione Gaia me lo ha reso possibile». 


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 17 Aprile 2024, 09:47
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