«Sono nove al momento nel Lazio le detenute madri, con altrettanti figli minori, che si trovano in carcere. Sono tutte a Rebibbia. Un numero in calo rispetto a fine febbraio in cui c'erano 13 mamme con 13 bambini», spiega il garante. «Una ha avuto il differimento di pena, un'altra è stata spostata alla casa di Leda, prima casa famiglia protetta istituita in Italia, mentre le altre due sono in detenzione domiciliare».
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«In una situazione del genere, in piena epidemia da coronavirus, è ancora più intollerabile che i bambini siano costretti a vivere con le madri nelle carceri - aggiunge - Bisogna farli uscire al più presto dalle strutture carcerarie. C'è anche una specifica raccomandazione dell'Oms di privilegiare l'uscita dal carcere delle persone vulnerabili e in particolare delle donne con bambini.
Ed è stata prevista nel decreto 'Cura Italià una normativa semplificata per l'esecuzione della pena a domicilio per chi deve scontare meno di 18 mesi - spiega il garante - Dai 6 ai 18 mesi con disponibilità del braccialetto elettronico. A questo si aggiunge il requisito di un domicilio idoneo. Mi auguro che, ovviamente, le detenute madri e tutti gli altri con particolari vulnerabilità possano accedere alla detenzione domiciliare».
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A Roma c'è anche una struttura dedicata alle detenute madri che è la 'Casa di Ledà. «La prima casa famiglia protetta istituita in Italia per le detenute madri con figli minori. La struttura è all'Eur ha sei posti che al momento sono tutti occupati da sei donne con i loro 8 bimbi. Bisognerebbe reperire anche altre strutture e altre risorse - conclude il garante dei detenuti - Stiamo lavorando per fare censimento della strutture che potrebbero accoglierle».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 30 Marzo 2020, 20:16
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