Tergiversare è un’arte

Tergiversare è un’arte

di Flaminia Bolzan

Si avvicina a grandi passi un periodo dell’anno in cui la frenesia urbana è pari a quella di un baccanale. Il clima è rigidino, umido, le piogge a tratti torrenziali rallentano il traffico e spesso anche le sinapsi di chi è alla guida. Inizio così per arrivare al dunque di questo salotto, proprio per introdurti alla parola di oggi: tergiversare. È un verbo che equivale a un kit di sopravvivenza, ne impari il significato, affini la modalità e tac, sei pronto per eludere qualunque cosa. L’atto del tergiversare è tanto odioso quanto funzionale per alcuni ed è indispensabile capire al meglio come fare se vuoi aggirare una questione o rimandare ripetutamente una decisione. Ti faccio un bell’esempio nel quale statisticamente puoi forse anche ritrovarti. Hai da poco iniziato a frequentare una persona, hai una certa ritrosia però all’idea di condividere totalmente i tuoi spazi ludici (leggi tempo libero) con lei e a bruciapelo, davanti a una pizza al taglio, arriva la domanda: “che facciamo a capodanno?”.

Già l’uso della prima persona plurale ti provoca un brivido e una sensazione di orticaria diffusa, quindi con lo sguardo di un cocker e le orecchie basse ti giri e balbettando rispondi qualcosa di incomprensibile sul fatto che il giudice ha stabilito che il 31 avrai i figli, cosa peraltro non vera, ma lei incalza. Ecco, stai tergiversando male. Non dovrei dirtelo, è moralmente scorrettissimo, ma così tu stai mentendo. La bugia non è tollerabile, al contrario, prendi tempo e già che ci sei, ipotizza una modalità più funzionale. Ti spiego io come, invitandoti a rispondere a questa mia domanda. In che modo puoi evitare di mostrare il tuo atteggiamento o la tua disposizione d’animo rispetto a quella serata da passare insieme? Meglio lo farai, più alto sarà il punteggio totalizzato nella tua capacità di tergiversare.

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Ultimo aggiornamento: Venerdì 15 Dicembre 2023, 07:24
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