Coronavirus Brescia, il sindaco: «Più morti di quelli ufficiali: bisognava chiudere subito tutto»
di Claudia Guasco
«Sono preoccupato per la mia Brescia, molto colpito umanamente. È una enorme valanga di dolore che ci si è rovesciata addosso, il Coronavirus ha cambiato le geografie umane di interi paesi. Sono morti i presidenti di circoli culturali, di club sportivi, i volontari protagonisti della vita civile delle comunità. Erano il collante sociale e hanno pagato il prezzo più alto. Abbiamo intere aree travolte e migliaia di famiglie distrutte, perché i morti sono molti di più di quelli registrati ufficialmente».
Coronavirus, Gallera: «In Lombardia confermato il trend in calo»
Coronavirus Italia. In fondo al tunnel “quota zero”. Le stime: «Nessun nuovo caso tra 7/10 giorni»
Sindaco, che cosa è successo a Brescia? Cosa non ha funzionato?
«A posteriori abbiamo ricostruito la mappa del contagio. E' evidente che è esploso a Codogno, poi è passato a Cremona, che è diventata ospedale di riferimento per i malati di Covid-19. Brescia confina a su ovest con la provincia di Cremona, è chiaro che se alle prime avvisaglie non si chiudeva tutto con una politica di pluralità delle zone rosse la situazione sarebbe precipitata. Bisognava blindare come a Vo' ed effettuare i tamponi. Non si è fatto e il contagio da Brescia è salito fino all'Adamello. Noi sindaci abbiamo chiuso dal 6 marzo, dopo aver spedito alla Regione e al governo una lettera in cui chiedevamo maggiori restrizioni. Andavano moltiplicate le zone rosse, come hanno fatto in Veneto e Emilia. Ora vediamo di confinare l'epidemia. Servono più tamponi, più medici e dispositivi di protezione».
Come mai gli ospedali non sono riusciti a reggere l'onda d'urto?
«La falla non è avvenuta negli ospedali, dove sono stati fatti miracoli per creare posti letto. Piuttosto sono mancati provvedimenti sanitari di limitazione del contagio e monitoraggi più efficaci del territorio. Se questo fosse stato fatto avremmo avuto condizioni meno drammatiche negli ospedali e per la popolazione. I medici di medicina generale ci dicono che i contagiati sono cinque, sei volte in più rispetto ai dati comunicati. Abbiamo migliaia di malati a casa o nelle residenze per anziani che non sono sottoposti a tampone: a Brescia ci sono 8.300 casi conclamati, se li moltiplichiamo per sette abbiamo il numero ragionevole di positivi in tutta la provincia. Quando ci dicono che i morti da Coronavirus sono 1.200, i numeri non tornano».
Eppure la Lombardia ha un sistema sanitario di eccellenza.
«Questa epidemia dovrebbe spingere a qualche correzione di rotta. Mette in luce che la rete regionale di medicina territoriale è fragile e non è stata in grado di affrontare l'ondata di Covid. Tant'è vero che i medici ci dicono che i pazienti arrivano in ospedale in condizioni molto compromesse. Dopo questa bufera bisognerà ripensare il sistema. Non è possibile che chiediamo solidarietà all'Albania e alla Cina e non siamo riusciti a creare un sistema di alleanze tra regioni confinanti per avere medici e rianimatori. Esiste ancora il servizio sanitario nazionale?».
Nel bresciano avete disperato bisogno di operatori sanitari.
«Gli Spedali Civili hanno creato 13 nuovi posti in terapia intensiva, ma restano vuoti perché mancano i medici. La protezione civile ne ha mandati 14 a Milano e non ho capito dove sono finiti. Ora ne arrivano altri 48, chiedo formalmente che li mandino a Brescia e Bergamo. Serve anche una struttura temporanea per uscire dall'emergenza, abbiamo bisogno di atti concreti e azioni puntuali. Per questo ho scritto al governatore della Lombardia Attilio Fontana».
Cosa chiede alla Regione?
«Dobbiamo pensare a protocolli di prevenzione sanitaria da applicare ai lavoratori quando torneranno nelle loro sedi. Ora il problema si pone per i dipendenti delle imprese di servizi essenziali: devono essere sani, monitorati sia quando rientrano al loro posto, sia durante il lavoro. Sottoponiamoli ai tamponi. Le aziende sanitarie devono attivare le procedure, in collaborazione con i medici interni alle aziende. Servono modelli seri di gestione, abbiamo bisogno di arginare il contagio. Il Coronavirus non scompare, il rischio di ritorno è alto e il vaccino è ancora lontano. Adesso è il momento di fare un passo avanti».
Ultimo aggiornamento: Martedì 31 Marzo 2020, 11:18
© RIPRODUZIONE RISERVATA